Cultura e Spettacoli

"Gli ultimi americani" migrano tutta la vita

Se di ogni romanzo esiste almeno una chiave di lettura, la prima che mi è apparsa nel leggere Gli ultimi americani di Arianna Farinelli concerne lo smarrimento esistenziale, innanzitutto del protagonista

"Gli ultimi americani" migrano tutta la vita

Se di ogni romanzo esiste almeno una chiave di lettura, la prima che mi è apparsa nel leggere Gli ultimi americani di Arianna Farinelli (Mondadori, pagg. 228, euro 18,50) concerne lo smarrimento esistenziale, innanzitutto del protagonista. Uno scrittore, mai nominato per nome, morto suicida. «Scrivere vuol dire condurre una vita di solitudine», si legge a pagina 51. E, più avanti: «Che senso ha avuto la sua vita? Che senso ha avuto la scrittura se non lo ha aiutato a vivere? Se lo ha solo condotto più velocemente alla pazzia?».

L'autrice non pretende di fornire risposte. Racconta, da diverse prospettive, una storia dei nostri giorni: un triangolo amoroso fra una giornalista italiana a New York, uno scrittore colombiano espatriato e la sua compagna, anch'essa colombiana e clandestina negli Usa. Grazie a un rigoroso lavoro di ricerca, Farinelli ricostruisce l'atmosfera di una hacienda sudamericana durante la guerra civile in Colombia, ma anche passaggi cruciali nell'educazione sentimentale dei protagonisti. Poiché il punto di vista della narrazione va da un personaggio all'altro, con un registro ora descrittivo, ora dialogico, con l'io narrante principale (la giornalista italiana) che si alterna a quello degli altri personaggi, il lettore ha l'impressione di muoversi a distanze diverse rispetto al centro del romanzo. Perciò, a fronte di pagine acute e dolorose in cui lo scrittore rimugina sull'idea del suicidio, valutando con sinistra lucidità le varie tecniche per spararsi, emergono affreschi di vita famigliare, quotidiana, con figure ambigue e violente (il padre dello scrittore, possidente terriero) oppure umili e dolenti (la domestica Amparo, madre di Lola). La metafora più ricorrente è quella sulla migrazione degli uccelli. «Come un uccello che scappa dal suo predatore, non cerco salvezza, solo un posto dove morire con dignità», dice lo scrittore, riferendosi ai cuvivíes, volatili che giungono alla meta sfiniti e in punto di morte. Questi americani fuori dalla loro terra sono ultimi in ordine cronologico, ma anche per posizione sociale (Lola), emarginati dal sistema. I riferimenti letterari a cui la scrittrice fa cenno compongono il filo conduttore del suo pensiero, della sua cultura. Procedono oltre il puro racconto dei fatti.

Del resto, ricorda lei, «tutta la letteratura si occupa del significato della vita».

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