Cultura e Spettacoli

“Uncharted”, la saga videoludica diventa un film con Tom Holland

Operazione fanservice a metà tra prequel e reboot, caratterizzata da citazionismo estremo, avventurosi enigmi, azione concitata e siparietti, per un divertimento senza pretese

“Uncharted”, la saga videoludica diventa un film con Tom Holland

“Uncharted” è una grande produzione americana che sbarca oggi nei cinema italiani. Finalmente, verrebbe da dire visto che la gestazione del film è stata davvero travagliata.

Non si contano i cambi di direzione e di sceneggiatura dal 2008 al 2017, ulteriore ritardo si è poi accumulato per l’indisponibilità momentanea del protagonista prescelto (Tom Holland era impegnato sul set come Spider-man) e infine c’è stato lo slittamento di uscita nelle sale dovuto alla pandemia.

Il lungometraggio è basato su una saga videoludica di successo, “Uncharted” appunto, che a sua volta era ispirata a grandi classici del cinema d’avventura.

Un’operazione di fanservice, insomma, ma il film resta fruibile anche da chi sia completamente a digiuno del videogioco e cerchi un paio d’ore di disimpegno totale e un po’ caciarone, di quelli con uso iperbolico di green screen e computer grafica.

Nella versione filmica la trama di “Uncharted” non ricalca le storie già vissute alla console PlayStation ma pesca un po’ da tutte, rielaborandole e accorpandole in una linea narrativa inedita, nella fattispecie una origin-story. In questo modo, da un lato vengono giustificate certe differenze nella caratterizzazione del protagonista (in primis la giovane età), dall’altro si tutela lo spirito di una saga di cui sono riproposte alcune scene cult.

L’incipit catapulta lo spettatore in medias res, col protagonista, Nathan Drake (Tom Holland), impegnato a "scalare" il carico sospeso di un aereo. Subito dopo, attraverso un flashback, scopriamo come il ragazzo abbia trascorso l’infanzia in orfanotrofio con il fratello Sam (Rudy Pankow) il quale, appassionato di leggende, lo ha convinto di discendere da Sir Francis Drake. In un secondo flashback, quello che condurrà a poco a poco nel presente, vediamo Nathan già giovane uomo, col mestiere di barista a fargli da copertura: in realtà è un ladruncolo molto abile. Da anni non ha notizie del fratello, tranne cartoline da luoghi lontani. La sua passione per la storia e l’archeologia è intatta e costituisce uno dei motivi per cui viene reclutato da Victor “Sully” Sullivan (Mark Wahlberg), un truffatore giramondo con diversi anni di esperienza. I due si metteranno sulle tracce del tesoro perduto di Magellano, il cui recupero interessa anche chi se ne professa legittimo proprietario, ovvero l’erede della dinastia dei Moncada (un Antonio Banderas macchiettistico).

Il film fa dell’esagerazione un vanto, ha un ritmo concitato e pullula di enigmi alla Dan Brown. L’uso sistematico di citazioni è il tratto distintivo di una narrazione che, tra inseguimenti e tradimenti, non conosce introspezione psicologica né sfumatura drammatica. La roboante immagine da giostra del luna park dell’insieme affossa qualsiasi flebile tentativo di epicità.

I toni sono gli stessi di film come “Indiana Jones”, “I Goonies” e “Tomb Raider”, gli antagonisti non brillano certo per carisma e l’azione concitata trova piccole pause nei siparietti tra Nathan e Sully, scaramucce simpatiche legate alla loro appartenenza a generazioni diverse.

L'allegra combriccola, armata di orgogliosa bidimensionalità, porta a spasso lo spettatore in ambientazioni mozzafiato per circa due ore.

“Uncharted” è un'opera ordinaria ma godibile, che si guarda col sorriso. Un giocattolone che, forte di un budget di 120 milioni di dollari, intrattiene a suon di esagerazioni, regala numerosissimi deja vu e non ha altra pretesa che appassionare il tempo necessario a dimenticare la vita reale.

Durante i titoli di coda, le anticipazioni sul prossimo capitolo del franchise.

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