Viaggio notturno con Peter Cameron

Un libro che porta il lettore in una oscura cittadina scandinava

Viaggio notturno con Peter Cameron

La vecchia strega ci mette sulla strada giusta fin dall'inizio, dal primo incontro con quell'«uomo», senza nome nel libro quanto anonimo nella vita. Gli dice: «Il mondo è bello perché esistono le due categorie, no? Chi se ne sta seduto al buio a guardare e chi sta sul palco. Chi gode nel provare dolore e chi nell'infliggerlo». La vecchia strega, Livia Pinheiro-Rima, sta parlando del circo dove lavorava da ragazza, e in generale del mondo del teatro, e con quelle parole segna il confine fra l'attore e lo spettatore. Che è come dire anche fra lo scrittore e il lettore.

Infatti Peter Cameron, qui in Cose che succedono la notte come nei suoi precedenti libri, sale sul palco e gode nell'infliggere dolore al proprio lettore, che se ne sta seduto al buio a guardare/leggere (e indirettamente glielo ha anche confessato, con il titolo di Un giorno questo dolore ti sarà utile...). Molte pagine più avanti, in una scena metafisica, «l'uomo» sta per rientrare in hotel: «La strada somigliava alla scena di un'opera lirica, quando si alza il sipario e sul palcoscenico non è ancora entrato nessuno. Forse all'uomo venne in mente questa immagine perché dalla hall dell'albergo proveniva una musica tenue suonata al piano, la barcarola dei Racconti di Hoffmann». A proposito di musica, la strega (o fata?) Livia, sul finire, parlando sempre con «l'uomo» della propria verbosità (e, come abbiamo già appreso, delle proprie bugie), commenta: «Chi lo sa cosa accade ai suoni? Noi pensiamo che scompaiano, ma potrebbero benissimo continuare a vibrare, restare sospesi nell'universo, e magari fra cento milioni di anni qualcuno o qualcosa ne percepirà la vibrazione. Magari sentiranno per filo e per segno quello che ti sto dicendo adesso. Secondo me sarebbe meraviglioso, come un'orchestra che accorda gli strumenti prima di un concerto. Adoro quel momento. È un momento pieno di speranza. La musica in sé a volte è così prevedibile». A questo punto, lo spettatore/lettore capisce che la vecchia strega/fata è Peter Cameron. E che le cose accadute o non accadute nel romanzo sono il preludio di un preludio, l'accordatura degli strumenti, il suono del silenzio avvolto nel buio, insomma, Cose che succedono la notte (Adelphi, pagg. 241, euro 19, trad. di Giuseppina Oneto) e di cui nessuno può fidarsi.

«L'uomo» e «la donna», sua moglie, sono arrivati, dopo uno sfiancante viaggio, nel buio scandinavo (diciamo finlandese o su di lì) provenienti dalle mille luci di New York. In pratica, sono cadaveri ambulanti, perché lei è malata terminale e lui è un inetto, un burattino senza fili esposto a intemperie di ogni tipo, incluse le violente attenzioni di una laida checca. Eppure, in quella città che sembra L'isola dei morti di Arnold Böcklin devono ritirare, come fosse un pacco postale, il bambino che hanno adottato a scatola chiusa: una nuova vita data in pegno a due fantasmi... Tuttavia un equivoco che somiglia molto a un inganno li porta da un «guaritore religioso», un «angekok», sorta di sciamano-stregone-psichiatra che chiamano «fratello Emmanuel». Il quale ha buon gioco nel sedurre (leggi, plagiare) l'aspirante mamma.

Nell'atmosfera sospesa di un hotel che ricorda la clinica Berghof della Montagna incantata, l'unico essere umano degno di questo nome pare il barista Lárus, il quale smaschera la bugia (raccontata da chi, se non dalla strega/fata Livia?) secondo cui nessuno si può allontanare da quel posto inquietante, dal vincolo di quell'incantesimo, a causa del crollo di un ponte: «Dice bugie perché vuole che restiate qui.

Tutti vogliono che tutti stiano qui, specialmente d'inverno. Ma si può partire». Si dice che partire sia un po' morire, per i vivi. Per i morti viventi, quindi, sarebbe il ritorno alla vita vera. Ma questa è un'eventualità non contemplata nei libri di Peter Cameron.

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