L’ultima della serie è Mara Venier. Lo ha annunciato a Un giorno da pecora su Radiodue: lascio Twitter. Detto fatto: «Spiacente, questa pagina non esiste» è il laconico avviso che trovano i suoi follower. Una decina di giorni fa era stato Rudy Zerbi a chiudere il becco del suo uccellino azzurro e a lasciare orfani i suoi 222mila seguaci. L’ex presidente della Sony nonché giudice di Amici 11 se n’è andato dopo che qualcuno aveva lanciato l’hashtag #odiorudyzerbi. Il suo abbandono ha seguito di poco quello di Michelle Hunziker che vuol essere coerente con la disciplina che impone alla figlia adolescente: solo un’ora al giorno di Facebook per evitare che la realtà virtuale si sostituisca a quella vera.
Non tutti i cinguettii fanno primavera. Anzi, qualcuno fa cancellare gli account o cambiare le password. Noia, eccesso di visibilità, stanchezza, gaffe commesse, ma soprattutto insulti ricevuti e scarsa sicurezza delle comunicazioni: i motivi che spingono star dello showbiz e vip assortiti a lasciare il social network più trendy sono infiniti. Dopo l’euforia iniziale e la corsa al nuovo gadget tecnologico, c’è chi sostiene che si stia esaurendo la spinta propulsiva e sia iniziata la fase del riflusso che ha già colpito altre piattaforme di grido. Nei giorni scorsi Jovanotti, re italiano di Twitter, ha messo in guardia il suo quasi milione di follower: «A volte partono messaggi “falsi”, tipo pubblicità, spam o roba del genere, firmati con il mio account, non so come possa succedere, ora mi informo». Un paio d’ore dopo ha annunciato: «Devo cambiare password...».
In qualche caso è proprio il titolare del profilo a farsi autogol. Qualche mese fa fece il giro dei media la topica presa da Ashton Kutcher, l’ex compagno di Demi Moore. L’attore californiano aveva postato un tweet contrario alla cacciata del capo allenatore delle squadre di football dell’università della Pennsylvania, senza sapere che aveva coperto gli abusi sessuali del suo vice, accusato di pedofilia. Ovviamente fu sommerso da un’ondata d’indignazione a 140 caratteri. La faccenda fece un certo rumore perché Kutcher aveva costruito la sua immagine proprio a ritmo di tweet, scommettendo pubblicamente con la Cnn che sarebbe diventato il primo utente con un milione di followers. Scommessa vinta. Ma dopo quell’infortunio, l’attore che sarà Steve Jobs al cinema, ha assunto un manager per gestire il suo account (10 milioni e mezzo di seguaci).
Nella piccola provincia italiana, a motivare l’addio di Fiorello ai suoi 600mila follower non era stato un tweet incauto. Dopo l’appello per la liberazione di Rossella Urru, la volontaria rapita in Algeria, lo showman ha chiuso il suo microblog e si è trasferito su Youtube, dove ogni tanto posta l’edicola con gli amici del bar sotto casa. Tanto ci pensa Bibi Ballandi a rilanciarla su Twitter.
La voglia di privacy si contra con gli effetti collaterali del divismo. Un’altra causa del fuggi fuggi delle star sono i cosiddetti troll, gli utenti arrabbiati che si scatenano contro un bersaglio prescelto con tweet offensivi o creando profili dedicati alla contestazione più spietata. Massimo Boldi ha resistito senza abbandonare i suoi 130mila follower a un tormentone contro i cinepanettoni che aveva partorito l’hashtag #BoldiCapra e ha imperversato un’intera giornata. Sono proprio i grandi numeri a provocare problemi.
Tra centinaia di migliaia di seguaci è facile trovare qualcuno di poco equilibrato, che pretende risposte, attenzioni o di esere ritwettato. E che, magari, in caso di mancata soddisfazione minaccia o inizia a far circolare malignità sul proprio ex idolo. Così, per fuggire allo stalking informatico, divi e star smettono di cinguettare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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