Prima visione

Una vasta biblioteca privata negli esigui locali di una portineria? A Parigi è meno insolito che altrove, ma non è comune neanche lì. La proletaria erudita (Josiane Balasko) del film Il riccio di Mona Acache è immaginata sovrintendere a un palazzo di rue de Grenelle 7 (dove in realtà c’è un negozio), Quartiere Latino. Cinquantaquattrenne, fa quel lavoro da metà della vita. Ha perso il marito conservando la voglia di leggere e, sotto l’apparenza dimessa, porta la bandiera della cultura. Ma occorreva farne una lettrice, oltre che di Tolstoi, di Kant, Nietszche, Husserl?
Come la custode, al 7 di rue Grenelle c’è solo una ragazzina autodistruttiva (Garance Le Guillermic), decisa a darsi la morte per non diventare come gli adulti. Anche questo non è un intento comune, ma lo è ancora meno che abbia deciso di farlo proprio il giorno del tredicesimo compleanno. Da tutto ciò, comunque, si deduce che padre ex ministro e madre semi-colta non la soddisfano più della sorella, studentessa solo perché non ha di meglio da fare.
Gli altri condomini hanno un ruolo marginale nella vicenda, salvo il neo arrivato, un giapponese di nome Ozu, come il regista di una volta. Deve avere grandi mezzi, non solo perché vive lì, ma perché ha ristrutturato l’appartamento con porte scorrevoli; più opinabile la scelta del dispositivo che accompagna lo scroscio dello sciaquone con le note di Mozart.
Vivendo su piani diversi, tutti costoro hanno contatti episodici. Nei lunghi intervalli, le letture scaldano il cuore quando sono una scelta di solitudine, non quando sono l’unica compagnia.


Muriel Barbery, classe 1969, autrice nel 2006 del romanzo L’eleganza del riccio - cui è «liberamente ispirato» Il riccio, girato nel 2008 dalla Achache, classe 1982 -, ha aperto il 2010 in contrasto col distributore italiano del film, sui manifesti presentato invece come «tratto dal romanzo». Come si vede, per le incomprensioni non occorre vivere nello stesso condominio e nemmeno nella stessa città.

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