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Prima visione

Quando il cinema ha raccontato l’antichità classica, quasi sempre l’ha fatto contro di essa. Infatti Hollywood si rivolge innanzitutto al pubblico nordico cristiano-protestante e al pubblico ebraico, che non s’identificano con greci e romani. E Cinecittà soffre della prossimità con la Santa sede, dunque ha visto il politeismo greco-romano come il prologo del cristianesimo.
Eppure il cristianesimo non ha ancora eguagliato l’egemonia classica sull’area del Mediterraneo. Il Rinascimento, poi le opere di Gibbon e Leopardi, Heine e Renan, Nietzsche e D’Annunzio, Jung e Heidegger, hanno spiegato che dall’esilio gli antichi Dei potevano anche tornare. Oggi, almeno sul grande schermo, sono effettivamente tornati.
Se per le anime semplici ci sono film come Percy Jackson e Scontro di titani, per gli altri c’è Agorà di Alejandro Amenábar, presentato all’ultimo Festival di Cannes. Perché Agorà rappresenta un salto qualitativo: se mostra gli antichi Dei solo come statue, pone al centro della storia il martirio di Ipazia (Rachel Weisz), figlia di Teone (Michel Lonsdale), filosofa e astronoma in una della grandi città dell’Impero, Alessandria. Pone insomma il collegamento fra l’antichità remota e quella che, attraverso il Rinascimento, è riapparsa nella post-modernità.
Per essere stata intelligente, colta e bella, Ipazia è diventata rilevante nell’attuale movimento delle idee (Silvia Ronchey le ha dedicato un saggio che uscirà in autunno). Ma Amenábar non è caduto nella trappola del film biografico. Agorà ha un’impronta corale ed evoca anche la breve coabitazione fra monoteisti, ebrei e cristiani. Presto gli ebrei rimpiansero gli imperatori pagani. La crisi dell’Impero favoriva l’integralismo, con le logiche conseguenze, visti i rapporti numerici.


Fra il pubblico, le donne saranno deluse dall’assenza di una vera storia d’amore; i ragazzi saranno delusi dall’assenza di ecatombi più robuste. Agorà è un film per quelli che, nel passato, sanno cogliere il futuro, cioè per quelli che non vanno più al cinema, ma che dovrebbero fare un’eccezione.

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