Prima visione

Chi ricorda Manuel Rodriguez Sanchez, sarà colpito dalla somiglianza nel film di Menno Meyjes Manolete, dove a interpretare il torero è Adrien Brody. A impersonare la sua amante (l’attrice messicana Lupe Sino) è Penelope Cruz, che invece non le somiglia, così il divario fra i loro ruoli si accentua. Inoltre la sceneggiatura non dice molto di lei: solo spettatori in età e donne sensibili coglieranno i sottintesi della loro contrastata storia d’amore. Il trionfo di Manolete evoca il periodo della seconda guerra mondiale, quando la Spagna neutrale si rimetteva in piedi dopo la guerra civile. Dei «vincitori» della medesima, però molti avevano già capito di essere solo un po’ meno sconfitti che i vinti veri e propri, messi ai lavori forzati per costruire il sacrario della Valle de los Caídos. Infatti fra il programma sociale avanzato della Falange di José Antonio e la realtà retriva del franchismo, la cui ideologia si riduceva a mandare i giovani a letto presto, c’era un abisso. Non solo. Aver preso il potere fra il 1936 e il 1939, con le armi e gli armigeri italiani e tedeschi, non era per il cattolico Franco il miglior viatico per conservarlo nell’Europa ormai americana e condizionata dai protestanti. E ciò lo obbligava a subire l’occupazione di Gibilterra, pur di mantenere la tutela britannica, e nascondersi sotto la sottana di Pio XII.
In quel lungo frangente, lo sport, a cominciare dalla corrida, divenne un mito unificatore. Sguardo malinconico, naso importante, Manolete fu nelle arene di Spagna quel che Coppi fu nelle strade d’Italia. Come Coppi, Manolete ebbe un amore irregolare, cioè senza nozze, con la Sino. Il film, pensato per circolare anche fuori dalla Spagna, accenna i dettagli storici imbarazzanti - chi conosce oggi il simbolo falangista del giogo e del fascio di cinque frecce? - e punta sulla solitudine del matador, la solitudine peggiore, quella in compagnia, fra impresari avidi e la vorace famiglia d’origine.
Meyjes cerca, senza trovarle spesso, inquadrature suggestive, proprio come se stesse girando una pubblicità per la tv. Il suo costumista veste gli attori con abiti cuciti per l’occasione, la cui aria nuova nuoce alla verosimiglianza delle scene.

Ormai quasi tutti i film di ricostruzione che non vengano da Hollywood hanno preso quest’aspetto fasullo. Suggestivo invece il finale desolato e cruento letteralmente, sotto gli occhi angosciati dell’erede al trono di Manolete: Luis Dominguin, futuro marito di Lucia Bosé e padre di Miguel.

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