Prima visione

Una madre di Teheran invita Elly, maestra d’asilo delle figliolette, per un fine settimana sulle rive del Mar Caspio. Sapendo che la ragazza è stanca del pluriennale fidanzato, vuole presentarla a un amico d’università, un tempo, poi emigrato in Germania, dove è stato appena lasciato dalla moglie tedesca. La gita di gruppo a fini reconditi volge però prima al contrattempo, poi alla disgrazia. Ecco quel che racconta in modo prolisso About Elly (Su Elly), scritto e diretto da Ashghar Farhadi.
Premiando il film con l’Orso d’argento, la giuria del Festival di Berlino - e da questo si capisce perché l'emigrato ha scelto la Germania - vi ha voluto vedere una critica della società iraniana oppressa dal regime e bla, bla, bla. Le giurie sono sempre liete quando possono illudersi di opporsi a un’«oppressione». Mai che s’accorgano di alimentare registi astuti, più che bravi, a caccia di ingenue «tutele».
Per capire come la censura iraniana ha inteso, più chiaramente, About Elly e l’ha lasciato passare, va tenuto presente che la matrona borghese di Teheran non è più intelligente e rispettabile, non è meno intrigante e disinvolta, che la matrona di Milano o Roma. Il potere femminile in Iran è una realtà, sotto l’apparente sottomissione all’Islam, i cui guardiani avranno giudicato il film di Fahradi un monito a tante brave donne convinte che a loro, non ad Allah, spetti decidere i destini altrui.
Inoltre il film affronta l’umiliazione nazionale rappresentata dall’emigrazione di massa: il personaggio del laureato che si è stabilito in Germania non è certo un eroe: è un fallito che per giunta ha sposato un’infedele (senza nemmeno riuscire a tenersela). Il buono della vicenda non è dunque lui, ma il fidanzato rimasto in patria e fedele ai principi religiosi, anche per questo alla lunga giudicato noioso dalla maestra. È nel suo dolore che culmina il film, anche se ciò poteva accadere una buona ora prima.


Tutto il prologo è sfoggio di cinefilia, ideato dal regista (e sceneggiatore) per sfruttare, nel mercato interno e per la dabbenaggine dei critici esterni, spunti tratti dal Grande freddo di Kasdan e dall’Avventura di Antonioni.

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