Cultura e Spettacoli

"La visione di Jole sulla Calabria"

Alla Festa del Cinema il corto ispirato al regista dalla Santelli

"La visione di Jole sulla Calabria"

«Tra noi stava nascendo una vera amicizia. Ho ricevuto il suo ultimo messaggio poco prima della sua dipartita», dice Gabriele Muccino, parlando di Jole Santelli, che aveva fortemente voluto Calabria, terra mia, cortometraggio d'autore appena presentato alla Festa del Cinema di Roma. Poco più di otto minuti, la cui elaborazione, tuttavia, ha permesso al regista romano di farsi un'idea del carattere d'una donna quasi universalmente rimpianta.

Come vi siete conosciuti, con Jole Santelli?

«Mi ha chiamato lei, per confezionare un cortometraggio sulla sua terra. Non un reportage e neanche un film documentario, oppure una produzione da Pro Loco. Era qualcosa di più. Era la visione che Jole aveva, volendo promuovere la Calabria».

In che cosa doveva tradursi tale visione?

«In una suggestione. Nelle emozioni. Il mio è un racconto di narrazione pura. Dovevo raccontare la Calabria, senza spiegarla. Infatti, è impossibile spiegare una regione in otto minuti. Dovevo proporre l'immaginario di una regione. Il mio film crea immaginario, crea sogni».

Girando il cortometraggio, a che cosa si è ispirato?

«Ho guardato ai luoghi che mi raccontassero meglio la regione. Su input della Santelli, ho potuto visitare posti speciali come certi paesini sul Mar Jonio e luoghi particolari intorno a Tropea e a Capo Vaticano».

Durante la lavorazione di Calabria, terra mia vi tenevate in contatto?

«Ci sentivamo di continuo: è stata lei a indicarmi i posti che voleva raccontassi. Non è scontato sapere che il bergamotto fosse un frutto di definizione della Calabria, che ne produce in enorme quantità. Jole voleva narrassi le cose principali della sua terra. Io volevo raccontare una storia d'amore: ci siamo incontrati su questo tema».

Il cortometraggio è interpretato da Raoul Bova, di origine calabrese.

«Volevo che Raoul interpretasse se stesso, guardando alla Calabria con i suoi occhi. In controluce c'è una ragazza spagnola, sua moglie Rocio, che egli conduce a visitare la sua terra».

Quale ricordo ha di Jole Santelli?

«L'ho incontrata, di persona, tre o quattro volte. E poi ci siamo sentiti decine di volte. C'è stato un contatto strettissimo e ho potuto farmi l'idea di una donna franca, onesta e, se posso permettermi, umile nel rapportarsi con chiunque amasse la sua terra. Questo tratto ne faceva una persona davvero unica».

Sui social le rimproverano una visione stereotipata della Calabria. Che cosa risponde?

«Polemiche a parte, spero che i calabresi apprezzino l'amore che ho dedicato al mio cortometraggio. Esso ha una missione: raccontare una terra poco conosciuta».

Il suo prossimo lavoro?

«Girerò una serie televisiva per Sky, che in pratica è il reboot del mio film A casa tutti bene. Per motivi tecnici e logistici, gli attori saranno diversi dagli interpreti del film: in questi giorni sto facendo i provini. E l'ambizione è sfrenata.

Un'ambizione che ci fa fare cose sempre più complesse».

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