«Poco importava che Nureev, pur bisessuale, fosse prevalentemente gay. Dopotutto, anche Truman Capote si sarebbe innamorato di Lee, della sua eleganza, della bellezza, dell'intelligenza e del carisma. Lee non resistette a quel fascino virile, attratta come molte altre donne dalla sensualità e dall'esuberante glamour del ballerino». Storie di titani che incontrano titani. La «Lee» qui descritta è Caroline Lee Bouvier, nata il 3 marzo 1933 a New York, abile pr, esemplare da salotti e paparazzi, decoratrice di interni, ma soprattutto sorella minore di Jacqueline Kennedy Onassis e dunque cognata di John Fitzgerald Kennedy. Mentre Nureyev, di cui scorre in questi giorni sugli schermi il biopic, è entrato in scena in Europa da pochi anni come animale da adorare. Animale da palcoscenico che, sin dal giorno della sua diserzione, il 16 giugno 1961, viene «trattato come una rockstar», venerato fra gli altri dalla principessa Margaret, da Marianne Faithfull e Mick Jagger e, soprattutto, da Jackie e Lee: «Lee era pazza di lui, ma Jackie l'aveva visto per prima».
Questo è solo uno dei tantissimi gustosi aneddoti biografici narrati in Jackie e Lee. Due sorelle, una vita splendida e tragica (Mondadori, pagg. 300, euro 19, traduzione di Michele Piumini), volume firmato dai biografi Sam Kashner e Nancy Schoenberger e divenuto tanto più rivelatore dopo la morte di Lee, cinque mesi fa, a 85 anni, tre volte divorziata con ultimo cognome Radziwill, dopo una vita spesa in battaglia con la sorella. A Jackie, Lee dovette almeno tre schiaffi esistenziali che chiunque avrebbe faticato a incassare: farla considerare dal mondo per tutta la sua esistenza come la sorella minore di un'icona globale; averle soffiato più di un futuro sentimentale, primo fra tutti quello con Aristotele Onassis, che fu amante di Lee prima di diventare marito di Jackie, e, alla sua morte per un tumore a 64 anni nel 1994, non averle lasciato nemmeno un cent (nel testamento di 38 pagine, Jackie aveva previsto lasciti sostanziosi per familiari, amici e dipendenti, incluso mezzo milione di dollari per i figli di Lee, ma per la sorella niente di niente).
Si può ben parlare di «favolose sorelle Bouvier»: si amavano, si odiavano o entrambe le cose? Lusso dopo lusso, matrimonio dopo matrimonio, le due paiono alimentarsi dell'umiliazione e delle vittorie l'una sull'altra, condividendo in fondo al cuore il brutto ricordo del divorzio dei genitori, che mise fine a un'infanzia luccicante e in fondo così poco infantile, spesa con mamma e papà tra casinò e piste da corsa. Tutto in questo racconto (ricostruito anche nel documentario di Edward Cotterill Jackie - La storia di due sorelle, in onda domani alle 21,15 su Sky Arte) è sontuoso e smisurato, le maledizioni - prima fra tutte quella «dei Kennedy» - e le benedizioni: gli yacht dai rubinetti d'oro, ma con scorta incorporata, come l'Honey Fitz del presidente; gli appartamenti da sogno a Manhattan, punto di riferimento cercato da Jackie per rompere il «guscio di dolore» della vita post-Casabianca, vicino a casa di Lee, vicino alle sue boutique preferite, vicino ai cognati Peter e Pat Lawford e vicino a dove le due sorelle erano cresciute: cinque camere e cinque bagni al 1040 di Fifth Avenue, quindicesimo piano, ristrutturati dalle sorelle e riempiti di luce, fiori e libri; le estati fra le dune di sabbia e le siepi degli Hamptons - ancora incontaminati dal turismo e meta di artisti e «miliardari che si rifiutavano di mescolarsi ai milionari» - in compagnia di papà Bouvier che, tra donne, alcol e declino economico, trovava il tempo di portare le figlie all'esclusivo Maidstone Club, per farsi avanti come «le migliori».
Tra le due debuttanti d'oro fu gara al primato e la prima casellina da spuntare fu quella del matrimonio: Lee nel 1953, a 20 anni, si tolse la soddisfazione di lanciare il bouquet a Jackie, andando all'altare con il rampollo dell'editoria Michael Canfield. Un mese dopo, Jackie si fidanzò con JFK: inutile dire quale dei due uomini fosse il più ricco. Fu Gore Vidal a confidare a Canfield che Lee se la spassò con JFK nella stanza accanto a quella matrimoniale mentre festeggiavano nel Sud della Francia. Da quel momento la «First Lady of Fashion» Jackie, ex bimba schiva e topo di biblioteca, eclissò la sorella Lee, da piccola il vero «spirito ribelle», anche se da subito fu Jackie a soffrire le pene dell'inferno, per le infedeltà del marito presidente e per la perdita di un bimbo, Patrick, che visse un'ora sola. Il resto è storia.
Ma come finì con Nureyev? Entrambe le sorelle divennero amiche per la vita del ballerino russo. Jackie lo iniziò alla Casa Bianca e lo portava con sé a fare shopping. Lee diede una festa in suo onore nel 1966, per il 28º compleanno del ballerino e da quel momento ne vinse la naturale diffidenza: visse con i Radziwill per sette mesi: «A giudicare dalle loro passeggiate intime all'imbrunire sui terreni della proprietà, lei era riuscita a portarselo a letto. Lee sapeva che, essendo Nureev omosessuale al 99,5 per cento, prendere l'iniziativa sarebbe toccato a lei».
Alla critica di balletto Maude Gosling Nureyev confidò, quando era già malato di Aids, che Lee era una delle due donne che aveva messo incinta nella sua vita: «E cosa pensi che abbia fatto lei? Ha eliminato il mio bambino». Dieci anni dopo, Lee smentì e, quando fece visita alla tomba di Nureyev, non mancò di definirlo «il mio migliore amico»: forse una delle poche luci sincere in queste due esistenze offuscate da una perpetua rivalità.
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