Cosa hanno in comune Joahnn Sebastian Bach (1685-1750) e Prince (1958-2016)? Il più grande musicista del XVII-XVIII secolo e una delle più amate rockstar del XX? Uno europeo, l'altro statunitense; uno bianco, l'altro nero; uno compositore di un enorme corpus di cantate per i fedeli, l'altro compositore di un enorme corpus di musica da ballo: a prima vista Bach e Prince non sembrano fatti l'uno per l'altro. Di parere opposto, il pianista e direttore d'orchestra Carlo Boccadoro, che in un sorprendente e intelligente saggio, traccia le vite parallele dei due musicisti: Bach-Prince, vite parallele (Einaudi, pagg. 136, euro 14).
Il parallelismo, va da sé, non riguarda lo stile, cosa che sarebbe priva di senso. Bach e Prince sembrano condividere, oltre ad alcuni tratti caratteriali, un modo di intendere la musica e di risolvere i problemi posti dalle rispettive epoche. Entrambi hanno riassunto in un linguaggio complesso le diverse voci che affollavano il paesaggio sonoro in cui si sono trovati a vivere. Anticipiamo la conclusione, tanto non è un giallo: «Mi piace credere che se questi due grandi artisti avessero avuto la possibilità di incontrarsi si sarebbero stretti la mano». Anche a noi piace crederlo. E vediamo ora le «vite parallele».
La musica di Bach, che oggi ascoltiamo nelle sale da concerto, nasceva da motivazioni pratiche. Delle Cantate abbiamo detto. Aggiungiamo che anche l'Oratorio o La passione secondo Matteo erano opere legate alle ricorrenze del calendario liturgico. Le Variazioni Goldberg furono create per alleviare la terribile insonnia del conte Keyserling. Oggi sono suonate per un pubblico di teatri enormi ma furono pensate per un solo ascoltatore. Bach era un provinciale anche se la sua musica è conosciuta in ogni angolo del mondo. Non era interessato a una notorietà su scala internazionale, al massimo ambiva alla carica di Kantor o di organista di corte. A proposito di organo: era un virtuoso, capace di umiliare, al confronto, i migliori tra i colleghi. Ma era un multistrumentista provetto, in particolare maneggiava alla grande il violino e la viola. Il lavoro di Bach era costruito su scala famigliare: aveva due copisti, e uno stuolo di parenti a preoccuparsi che fossero rispettate le scadenze delle varie commissioni. Dai suoi collaboratori pretendeva dedizione assoluta. Bach aveva un caratterino difficile. Accettava la gerarchia ma non voleva interferenze della Chiesa e della politica cittadina. Di lui sappiamo poco: ha lasciato una manciata di lettere, che parlano di musica, e non rivelano nulla del suo carattere. Sono i suoi figli a parlarci di lui. Bach non aveva tempo da perdere. Doveva già litigare con strumentisti e coristi a suo dire incapaci di eseguire le sue opere alla perfezione.
Prince proviene da un sobborgo di Minneapolis, e in quel sobborgo a costruito un enorme tenuta, che a sua volta si direbbe un piccolo sobborgo con pretese di autosufficienza. Chitarrista eccezionale, lo sa chi l'ha visto dal vivo, Prince era in grado di incidere in completa solitudine i suoi dischi e spesso l'ha fatto. Aveva un cerchio magico di collaboratori e da quello non si allontanava volentieri. Incredibilmente prolifico, ha rifornito di brani gruppi creati apposta per eseguire le sue «eccedenze» produttive. Con le sue band, nei concerti, era spietato: dovevano essere macchine perfettamente rodate, e lo furono, nel corso degli anni, i Revolution e i New Power Generation. Solitario e infaticabile in sala d'incisione, Prince non esita a raccontarsi nei suoi primi successi, specie il difficile rapporto col padre pianista nel film e disco Purple Rain. Dall'inizio degli anni Novanta in poi, Prince entra in rotta di collisione con l'industria, rinuncia al suo nome in copertina per sostituirlo con un simbolo, si mette a vendere direttamente i dischi dal suo sito o allegandoli ai giornali (in Inghilterra). Da lì in avanti, diventa anche un personaggio misterioso, dopo la sua morte, overdose di antidolorifici, come Michael Jackson, si scopre un passato da testimone di Geova e di complottista.
Come compositori, sia Bach sia Prince partono dal frammento (di melodia o ritmico) e arrivano al totale, fondendo una massa intricata di «contrappunti, inversioni, canoni» e «frasi calcolate per essere lette in un senso e subito dopo al contrario».
Oppure di rock, funk, blues, dance e pop. È costruito così uno dei brani più famosi di Prince, Sign O' the Times. Ma ciò che davvero lega questi musicisti è l'assoluta coerenza con la quale hanno inseguito il proprio sogno musicale.
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