nostro inviato a Ginevra
Sergio Marchionne, sbarcato di buonora a Ginevra proveniente da San Paolo del Brasile, dove ha tagliato il nastro del più importante stabilimento in America Latina destinato alla produzione di mezzi agricoli della controllata Cnh, ha prima partecipato alla consueta riunione dei costruttori europei di vetture e, quindi, ha visitato gli stand del Salone dellauto, cominciando da quelli dei marchi Fiat e Chrysler.
Dottor Marchionne, si sente «blindato» dalla famiglia Agnelli? Non dimentichiamo il «premio fedeltà» che la riguarda e che sarà portato allattenzione dellassemblea degli azionisti.
«No. Il mio impegno è verso la Fiat. È un lavoro in un cantiere aperto. E bisogna finirlo».
Alla riunione dellAcea avete affrontato il nodo della necessità di una politica industriale dellUe ad hoc per lauto?
«È un tema da portare avanti in modo preciso. Manca una visione comune a livello europeo su dove portare lindustria dellautomobile in futuro. Se non si farà in un modo intelligente e coordinato creeremo dei problemi enormi, come li stiamo creando».
Lo scorso anno aveva quantificato in 40 miliardi il fabbisogno del settore in Europa.
«La Bei ha concesso questanno finanziamenti per 8,5 miliardi, di cui 7 miliardi ai produttori a favore dello sviluppo. Se basteranno è da vedersi. Nel 2009 la crisi dei mercati non ha permesso laccesso ai finanziamenti, sono stati così i vari Paesi a sostenere le aziende. Particolare che in un mercato normale non dovrebbe succedere».
Intanto leurocommissario allIndustria, Antonio Tajani, ha annunciato un piano europeo a favore della mobilità elettrica.
«È uno degli impegni che stiamo prendendo. La realtà dellauto elettrica in America la conosciamo abbastanza bene attraverso Chrysler. Rimane uno dei progetti da sviluppare, anche se non sarà lunica soluzione al problema della mobilità europea e anche degli Stati Uniti. La gamma non potrà mai coprire il fabbisogno dei mercati».
E il tormentone sullo spin-off della divisione Auto?
«Eventualmente dovremo gestirlo questo problema. È una delle cose da risolvere: aspettiamo il 21 aprile, quando sarà presentato il piano di sviluppo di Fiat fino al 2014».
Il caso Termini Imerese e il «possibile piccolo investimento che Fiat farebbe a sostegno di idee interessanti», come spiegato qui a Ginevra dal presidente Luca di Montezemolo.
«Quello di Termini Imerese sta diventando un problema molto difficile da gestire dal punto di vista mediatico. Eppure il discorso era di una semplicità e chiarezza incredibili. Mi spiace che questa vicenda venga vissuta, sulla loro pelle, dai lavoratori della fabbrica siciliana. Incoraggerei tutti quanti a fare discorsi seri e molto precisi per aiutare queste persone a uscire dal problema. La Fiat farà il necessario per loperazione di traghettamento dellimpianto».
Ritiene che Toyota, dopo tutto quello che è successo, sia diventato un benchmark al contrario?
«Bisogna stare attenti a criticare gli altri. Quello che è accaduto a loro spero non succeda mai, né a Fiat né a Chrysler. Sono esperienze estremamente negative. Dal punto di vista spirituale e morale hanno tutto il mio sostegno possibile. Spero che riescano a gestire questa vicenda. Farebbe bene a tutta lindustria».
Il mercato italiano dellauto quante immatricolazioni può esprimere fisiologicamente? E quando prevede la normalizzazione del mercato dopo la sbronza degli incentivi?
«Due milioni e 100mila unità è il livello fisiologico. La normalizzazione? Non prima del 2013. Il mercato italiano senza incentivi è di 1,7 milioni di vetture, anche se alla fine del 2010 sarà leggermente superiore a causa del trascinamento delleffetto bonus relativo al 2009».
Le case straniere in Italia, comunque, non sono state tenere con lei, in particolare quando ha affermato che «Fiat degli incentivi può farne a meno...».
«Ho semplicemente detto che è necessario riportare il mercato a un livello normale.
Che cosa pensa della giornata anti-smog di domenica scorsa?
«Insisto: se si rinnova il parco auto, questo magari aiuterebbe...».
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