Finisce ingloriosamente la carriera di Balthasar Garzon, il magistrato spagnolo amato dalla sinistra diventato famoso nel mondo negli anni Novanta per aver cercato di far processare (tra gli altri) il dittatore cileno Augusto Pinochet. Già sospeso in via cautelativa nel 2010 dall carica di giudice della Audiencia Nacional di Madrid, gli sono state infatti inflitte ieri una inabilitazione dalla magistratura della durata di undici anni e l’espulsione dall’ordine giudiziario. In base alle norme vigenti in Spagna, la sentenza è inappellabile.
Il 56enne Garzon, che amava gloriarsi dell’etichetta di «magistrato anticorruzione», è stato condannato all’unanimità dai sette giudici della Corte suprema di Madrid per un’accusa professionalmente infamante: quella di aver abusato del suo potere (violando così i diritti costituzionali) ordinando nel 2009 l’intercettazione di conversazioni in carcere fra tre imputati nel caso Gurtel, una presunta trama di corruzione politica che vedeva come imputati esponenti del partito popolare, e i loro avvocati difensori. Così facendo, Garzon era venuto illecitamente a conoscenza della strategia difensiva dei suoi avversari.
I giudici del supremo tribunale spagnolo sono stati duri con Garzon, paragonando nella sentenza le sue pratiche a quelle tipiche «dei regimi totalitari». Ma quella che dovrebbe essere la pietra tombale sulla carriera di un personaggio abituato a muoversi troppo sopra le righe potrebbe in realtà non esserlo, o almeno non ancora. Garzon, che è stato tra l’altro deputato socialista e sottosegretario nel governo dell’ex premier Felipe Gonzalez, gode infatti del sostegno della sinistra spagnola, che si è già lanciata a denunciare un suo presunto «linciaggio politico». Non dimenticando che l’attuale premier Mariano Rajoy, allora leader del partito popolare, nel 2009 aveva accusato Garzon di «uso politico della giustizia» incriminando esponenti del suo partito nei Paesi Baschi alla vigilia di cruciali elezioni regionali e andandosene a caccia negli stessi giorni proprio con il ministro socialista della Giustizia Mariano Bermejo, il quale aveva poi dato le dimissioni.
L’ormai ex magistrato, sconfessato dalle toghe, tenterà insomma di buttarla in politica e si giocherà la carta di ogni possibile ricorso, da quello alla Corte Costituzionale spagnola a quello alla Corte europea dei Diritti Umani.
Intanto, però, altre due sentenze ad alto rischio lo attendono. La prima riguarda l’avvio nel 2008 di un’inchiesta sulle persone scomparse negli anni del regime franchista, in violazione della legge di amnistia in vigore dal 1978: per questa vicenda Garzon è stato processato nelle scorse due settimane.
La seconda, per la quale non è stato ancora celebrato il processo, riguarderà un’accusa di corruzione, per aver svolto negli Stati Uniti un ciclo di conferenze finanziato da grandi società spagnole tra cui il Banco Santander e di aver poi prosciolto Emilio Botin che di quella stessa banca è il presidente. Di Garzon, insomma, sentiremo ancora parlare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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