Lo spirito «rosso sangue» dell’inconscio anima gli artisti del pop-surrealismo

Inquieto e inquietante, lo spirito, nutrito di sangue, si fa materia e la caducità della bellezza diventa bellezza della caducità in un ricercato ribaltamento di filosofia e iconografia classica, che trasforma il teschio, antico simbolo della Vanitas in una decisamente più moderna vanità di bambola, vestendo la morte di pizzi e merletti per celebrare, in realtà, la vita. Sono le opere di David Stoupakis, artista autodidatta ritenuto uno dei maestri del pop-surrealismo newyorkese, affiancate da quelle dell’emergente Silvia Idili, a illustrare il concetto di rubedo - ultimo stadio dell’opus alchemico e, nell’interpretazione psicanalitica junghiana, «inizio» dell’anima - nella mostra «Rubedo» appunto, alla Dorothy Circus Gallery, in via Nuoro, fino al 16 gennaio. I lavori dei due artisti, tutti inediti tranne The ties that bind di Stoupakis già esposto nella stessa galleria, sono accomunati dalla ricerca dell’«esperienza totale», tra scienza e coscienza del sé. Nello stato dell’albedo, per Jung, si è vivi in senso astratto, «soltanto il sangue può rianimare uno stato glorioso di consapevolezza». Con un fine gioco di simboli, Stoupakis sembra comporre un codice per iniziati, pronti, pur di prendere coscienza di sé, a scontrarsi con la «mostruosità» dell’essere, intesa in senso classico ma non senza riferimenti cinematografici - le corde che imprigionano la donna-monumento di The things I left behind sembrano fili elettrici - e lo sgomento della scoperta, come nello sguardo attonito della bimba-vampiro di Feed. Senza trascurare il sacrificio, corona di spine che cinge il collo di Aprella, compagna e musa dell’artista. Diverse ma non meno enigmatiche, le opere della giovane - è nata nel 1982 - Idili: undici lavori concepiti come tasselli di un mondo oscuro popolato da bambini e figure immaginifiche. La festa di compleanno è «cerimonia», il girotondo «rito magico», una foto di gruppo il monito In memoria: le figure bidimensionali di bimbi in gioco rivelano presto la loro natura.

Non hanno ombra perché sono ombre, hanno occhi e bocca vuoti perché sono privi di vita. Quelli ritratti sono i non-luoghi delle favole, in cui tutto è possibile, anche la paura violenta, irrazionale e selvaggia. Di essere. L’ingresso alla mostra è libero.

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