Sicario per disgrazia. Doppia disgrazia. Incredibile disgrazia. Una figlia di pochi anni che  muore sull'altalena. Un ordinario disastro. Un bimba che si accanisce nel gioco e vola lontano.  Un impianto che le crolla addosso e non le lascia tregua. Finisce così la breve e giovane vita  di una bambina e finisce di lì a poco anche quella dei suoi genitori: una mamma preda di una  paralisi che si lascia «suicidare» dal marito. Membra assenti e cervello che faticosamente  continua un penoso lavoro e lavorio. Poi la spinta nelle onde di un mare che la inghiotte con le  sue pene. Per sempre. Condizioni irreversibili, drammatiche. E la fine. Programmata. Nella quale  cade anche la polizia, in preda a una misericordiosa bugia. E una pietà consapevole. Due vite  troncate e una terza che non finirà in un'urna dopo la cremazione ma che di fatto sarà l'ombra  di se stessa. Un padre di famiglia, un padre che perde la famiglia. Un padre che perde il  diritto di essere padre. Perde la figlia, la moglie. E alla fine anche se stesso.
 La disperazione per quelle due morti lo spingono sulla frontiera più triste, l'unica che potesse  accogliere uno specialista delle armi e del tiro. Il bersaglio. Quello che a lui era sempre  piaciuto, quello in movimento. Che nella vita si chiama essere umano. Una pallottola. Uno sparo.  È la frontiera della morte. Quella che ormai, da sicario, distribuisce generosamente eseguendo  gli ordini di una criminalità organizzata quanto implacabile. L'ex padre ormai non più padre  finisce al confine in cui vita e morte sembrano confondersi, laddove muore anche il destino  perché ignari personaggi vengono spediti all'altro mondo per decisione dei guru della  criminalità. E per mano di un cecchino puntuale e implacabile. Armato di disperazione più che di  fame di sangue. Una doppia disgrazia che cambia le prospettive della vita di un uomo. E che  finirà quando il sicario conoscerà un'anziana donna e un sosia di Kafka che gli faranno capire  il senso della vita. E la meraviglia di certe parole.
 Giuseppe Aloe è alla sua seconda prova e «Lo splendore dei discorsi» (Giulio Perrone editore,  pp. 256, 15 euro) ha tutta l'aria restare un libro da ricordare. Triste, struggente,  psicologicamente impegnativo, questo noir psicologico non sembra essere forse l'ideale per una  lettura serena sotto l'ombrellone ma rappresenta certo una pagina di qualità. Garbo e  immaginazione si mescolano e si accavallano offrendo al lettore un piatto ricco capace di  rattristare, ma anche di regalare emozioni. Purissime. Amarissime. Ma uniche.
«Lo splendore dei discorsi»? Un sicario che uccide per disperazione
Seconda prova romanzesca per Giuseppe Aloe. Il dramma di un uomo che perde la figlia e la moglie gli "chiede" di non farla più vivere. La conversione a un'esistenza condotta al confine tra la vita e la morte. Degli altri. Finché non troverà una via di speranza...
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