John McCain ha preparato malissimo il primo dibattito televisivo con Barack Obama. Anzi, non lo ha preparato affatto: fino a poche ore prima dell'inizio del confronto era a Washington. Niente prove con gli spin doctor, una manciata di ore per documentarsi, neanche un minuto per recuperare la stanchezza degli ultimi giorni. Ma è stata la sua salvezza, perché ha mostrato innanzitutto se stesso, con slancio e sincerità. In fondo è questa la sua carta migliore: non può fare affidamento sul traino di Bush, né di un partito repubblicano sempre più impopolare, può contare solo sulla sua fama di Maverick ovvero di politico anticonformista, indomito, capace di seguire più la propria coscienza che la disciplina di partito.
E così è apparso in tv: spontaneo, sincero, appassionato, talvolta provocatore e forse un po' troppo aggressivo, ma probabilmente non aveva scelta. Il vecchio John deve attaccare, sempre; deve dimostrare di essere dalla parte del popolo e non dell'establishment; deve esaltare la propria esperienza politica soprattutto in politica estera. E così è stato. Ha ripetuto per sette-otto volte lo stesso concetto: «In tutta franchezza penso che Obama non abbia le conoscenze necessarie per affrontare un mondo complesso come questo». «Non capisce l'argomento». «È molto ingenuo». Sentenze pronunciate con il tono accondiscendente del professore famoso nei confronti del proprio studente promettente ma acerbo. Non ha certo convinto tutti, ma ha senz'altro rafforzato i dubbi sulla statura politica del candidato democratico. Ed ha guadagnato diversi punti quando, in almeno tre occasioni, ha costretto Barack a dire: «McCain ha senz'altro ragione quando afferma che
».
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