«Sport nazionale colpire chi fa del bene»

RomaA Palazzo Chigi la notizia di un avviso di garanzia a Guido Bertolaso era circolata già qualche mese fa, proprio nei giorni in cui il capo della Protezione civile lasciava intendere di voler passare ad altro incarico. Poi i rumors s’erano sopiti e la faccenda sembrava rientrata. Almeno fino a ieri, quando l’avviso di garanzia è arrivato davvero. Un segnale, si ragiona a Palazzo Grazioli, che «potrebbe indicare un cambio di passo» e che va visto in un’ottica complessiva. Nell’entourage del Cavaliere, infatti, il timore è che l’affondo su uno degli uomini immagine del governo sia il secondo tassello di una ritrovata escalation giudiziaria. Ripresa - dopo la pausa imposta dai fatti di piazza Duomo - con le dichiarazioni di Ciancimino junior sui legami tra la mafia e Forza Italia.
Il dubbio, insomma, è che cominciata la campagna elettorale per un voto amministrativo che farà da spartiacque alla legislatura sia «ripresa la solita giostra». Non è un caso, dunque, che alla presentazione dell’ultimo libro di Vespa, Donne di cuori, Silvio Berlusconi decida di non usare mezze misure. «Che ci sia una categoria di persone pagata con i soldi dei contribuenti e che si esercita a perseguitare con processi sempre e comunque infondati - attacca - è un male italiano che mi sento di denunciare». E ancora: «Pare ci sia uno sport nazionale di andare a perseguire chi opera per il bene del Paese». Evidente il riferimento a Bertolaso. Con tanto di chiosa, dietro la quale sembra esserci proprio il timore di una ripresa delle ostilità in grande stile. «Non si può governare ed essere attaccato da giudici, che tra l’altro sono pubblici dipendenti pagati con i soldi dei contribuenti. Quei contribuenti a cui chi governa deve prestare la massima attenzione».
Per rispondere al caso Bertolaso, insomma, Berlusconi sceglie di rispondere colpo su colpo, convinto che non sia questo il tempo delle mediazioni. D’altra parte, anche uno solitamente prudente come Paolo Bonaiuti non esita a parlare di «meccanismo a orologeria» in mano «all’azione politicizzata di una certa parte della magistratura». Lo fa commentando le accuse di Ciancimino, certo, ma è ovvio che il senso del ragionamento complessivo non cambia.
Dal Cavaliere, dunque, appoggio incondizionato al «principe della Protezione civile» che è vittima di una persecuzione. Un sostegno tanto deciso che è addirittura Letta a metterci la faccia. È il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, infatti, il primo a prenderne le difese, spiegando «da cronista» cosa è accaduto in Consiglio dei ministri e annunciando lui per primo che le dimissioni sono state respinte. «Ci siamo sentiti e mi è parso che lui volesse continuare», spiega Berlusconi.
È probabile, però, che l’infortunio giudiziario abbia congelato l’ipotesi di una promozione a ministro di cui aveva parlato giorni fa il premier. Una strada comunque difficile da percorrere visto il vincolo imposto dalla legge al numero dei membri del governo e che oggi si fa ancora più in salita. Una modifica in questo senso, infatti, ha bisogno della controfirma di Giorgio Napolitano che sul punto è notoriamente piuttosto freddo. Davvero improbabile, dunque, che il Quirinale dia il via libera all’allargamento per promuovere a ministro chi ha, a torto o a ragione, appena ricevuto un avviso di garanzia.

Tant’è che sul punto lo stesso Berlusconi appare piuttosto prudente: «Mi sembrava, e l’ho detto all’Aquila, che fosse quasi un riconoscimento doveroso dargli il titolo di ministro senza portafoglio all’interno della presidenza del Consiglio. Vedremo, adesso vediamo come si mette...».

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