Addio a Celina Seghi, la "tigre di Aspen"

Aveva 102 anni, vince 25 titoli mondiali e sconfisse pure il maschilismo

Addio a Celina Seghi, la "tigre di Aspen"
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C'era una volta lo sci e c'era già lei. La signora dello sci, anzi dello ski, come usava dire, la tigre di Aspen o, più semplicemente per tutti, la ragazza dell'Abetone: Celina Seghi ha scavallato il più ardito degli intermedi e ha fermato il cronometro della sua vita, ieri a 102 anni. Classe 1920, con 25 ori e altri 12 sigilli italiani, il bronzo mondiale del 1950, spaziava dallo slalom alla combinata alla velocità. Quando gli sci non erano che assi di legno dritti e bislunghi il suo «set up» erano un foularino tutto vezzo, un filo di rossetto e le staffe di quei leggins ante litteram. Le sue lamine sono state la grinta e la tenacia di un carattere forgiato fra i frassini e le betulle degli Appennini.

Ultima di otto fratelli, Celina fu anche «gemella» diversa e ugualmente ardita di Zeno Colò, suo conterraneo, coetaneo e collega di tanti allori, ma anche di tante battaglie. Lui il campione, lei la donna in un regno di uomini. Nacque sotto una nevicata, le fecero provare anche il fondo, ma lei preferiva i salti in discesa, studiò educazione fisica ad Orvieto e nel 1934 vinse la prima gara a 14 anni. La storia di Celina sembra una fiaba, ma ha conosciuto la guerra, il fascismo, il maschilismo. Ben prima della valanga rosa che ci ha regalato gioie collettive, Celina è stata solista e pioniera dell'epopea dello sci in rosa. Per questo tutti la amavano. Lei ricambiava con una ricetta semplice, di sport e longevità: dormire bene, mangiare poco, anche cioccolato e camminare sempre. E sorridere. Molto. Anche dei guai sportivi: prendi il 1941 e quei Mondiali di Cortina d'Ampezzo in cui Celina si lasciò dietro la star dell'epoca, Christl Cranz. Peccato che la Federsci internazionale annullò a posteriori l'evento per via della guerra che aveva tenuto lontane troppe nazioni dalle gare. Che psicodramma vivremmo con i campioni di oggi? Lei lo superò, impegnandosi ancora di più. Il suo secolo di vita è passata anche per dolorosi quarti posti come ai Giochi del 1948 e del 1952, quarta due volte per quel soffio che si dice sempre - cambia la vita di un campione. Ma non a Celina: nel 1949, nonostante una spalla fratturata poco prima, si prese in slalom l'ambitissimo trofeo Kandahar Arlberg, disputando non due, ma tre manche. Il cronometro non era funzionato! La consacrazione avvenne nel 1950, ai Mondiali di Aspen dove, unica azzurra al via, fu bronzo ancora in slalom.

Dopo il ritiro fu maestra di sci, entrando nella Hall of fame federale nel 2015 insieme al suo «allievo» prediletto, quell'Alberto Tomba «appenninico» come lei.

A quasi 80 anni Gustav Thoeni la ricorda ancora impavida apripista ad una gara. Oggi i funerali nel duomo di Pistoia: il presidente della Fisi, Flavio Roda l'ha definita una icona non solo sportiva ma di eleganza e atteggiamento. Quello che si direbbe un esempio.

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