
È sempre stato un passo indietro, anche due, Fabrizio Borra. Uomo mite e riservato, parlava con le mani e con un sorriso che sapeva rassicurarti anche nelle situazioni più difficili. Era il suo essere. Fernando Alonso, nella sua vita a 300 all'ora in giro per il mondo, l'ha sempre voluto accanto anche per questo. Perché Fabrizio lo calmava, capiva, rasserenava con le parole giuste e i silenzi e gli sguardi giusti. Custode di confidenze, sogni, paure.
Ci ha lasciato ieri mattina a soli 64 anni. Professione massofisioterapista, e molto di più. Bresciano di origine, trasferitosi dal 1990 a Forlì dove ha aperto un centro di fisiologia che in pochi anni è diventato un punto di riferimento per lo sport e non solo, Fabrizio ha unito le sue doti intuitive alla scienza applicata allo sport, mettendo a frutto studi americani e la sua maniacale voglia di sapere basata sul concetto di prevenzione. L'abbiamo conosciuto nel 1996, quando rimise in bicicletta Marco Pantani, vittima dello spaventoso incidente alla Milano-Torino. Tornato a pedalare, Marco trionfò prima al Giro e poi al Tour. Fabrizio, neanche a dirlo, sempre un passo indietro. Pantani ma non solo: fra questi gli olimpionici Viviani e Bettini, Cipollini, Nibali e pure Pogacar dopo l'incidente alla Liegi. Così come il cestista Bob McAdoo e il saltatore Gimbo Tamberi, che dopo il mondiale di un anno fa gli aveva rivolto un affettuoso pensiero (come ieri), sapendo della malattia. Ma sotto le sue mani sono passati anche Fiorello e Jovanotti, rimesso in piedi dopo il brutto incidente in bici nella Repubblica Dominicana.
Fabrizio aveva creato un Centro, restando
sempre in disparte, dove la luce si fa fioca, dando una mano con il suo sapere, arricchito di scienza e coscienza: cuore. Un uomo che ha scelto di stare costantemente nella penombra, riuscendo in ogni caso ad emanare luce.