Sport

Addio a Forghieri, la "Furia" che fece la storia del Cavallino

Morto a 87 anni il papà della serie "312 T" di Lauda, grazie a lui la Rossa in F1 ha vinto 7 titoli costruttori

Addio a Forghieri, la "Furia" che fece la storia del Cavallino

Come Mauro Forghieri non ne sono nati più. Per uomini capaci di progettare il telaio e il motore, scegliere i piloti e poi dirigere la squadra in pista, non c'è più spazio nella Formula 1 moderna dove domina l'iperspecializzazione. Se Adrian Newey è il genio della Formula 1 moderna, Mauro Forghieri, spentosi nel sonno a 87 anni nella sua Modena, è stato il mago della Formula 1 romantica, quella in cui il responsabile della Gestione sportiva ferrarista doveva fare quasi tutto da solo, anche far bollire l'acqua per la pasta con il saldatore, rischiando di farsi poi trovare addormentato sotto la doccia tanto era sfinito. La Ferrari ci ha messo un po' a onorare un uomo che è stato una parte importante della sua storia. Il messaggio social è arrivato a tempo quasi scaduto, ma con le parole giuste: «Le leggende durano per sempre. È stato un onore fare la storia insieme». Perché Mauro Forghieri è stato davvero leggendario anche se a lui piaceva raccontare che alla fine più della macchina contava il pilota: «Per me, la cosa che conta più di tutto è la sensibilità che il pilota sfodera quando porta la macchina al limite cosa che non è una cosa facile, soprattutto perché, appena appena vai un po' oltre, rischi di uscire di strada».

Eppure con le auto uscite dalla sua matita la Ferrari ha vinto dovunque, dalle gare in salita con Ludovico Scarfiotti, all'endurance negli anni Settanta. In Formula 1 con lui la Ferrari ha conquistato 54 gran premi, 7 mondiali costruttori e 4 mondiali piloti con Surtees, Lauda (2) e Scheckter. Avrebbero potuto essere molti di più senza il fuoco del Nurburgring che incrinò il rapporto tra Lauda e il Commendatore. La sua serie 312 T degli anni Settanta era una macchina imbattibile, almeno fino alla T4 campione del mondo con Jody Scheckter nel 1979. Poi venne l'era del Turbo che senza il tragico 1982 avrebbe portato altri mondiali piloti a Maranello. Se solo Forghieri fosse stato ai box quella domenica a Imola (era in permesso per la comunione del figlio) Gilles e Pironi non avrebbero mai litigato perché lui non avrebbe mai permesso un cartello tanto ambiguo. Anche se Mauro raccontava sempre che, secondo lui, Gilles non sarebbe mai diventato campione: «Lui era un puro. Non pensava al campionato. Pensava solo alla corsa e ci ha portato tanto affetto». Con Villeneuve, Forghieri andava su tutte le furie quando a Fiorano, Gilles, per evitare di completare il giro di raffreddamento e rientrare subito ai box, faceva un bel testa coda in pieno rettilineo e ogni tanto spaccava un semiasse. Allora ecco che Furia, come lo hanno sempre chiamato, tornava in azione. Epiche anche le sue litigate con Enzo Ferrari che lo rispettava molto, ma spesso arrivava allo scontro.

«Io diventavo più rosso di lui e urlavo più di lui», raccontava. Tra i due c'è sempre stato un rapporto complicato, ma pieno d'affetto. Enzo Ferrari gli aveva dato fiducia quando era poco più di un neo laureato arrivato in azienda per uno stage visto che era figlio di Reclus, uno dei tecnici motoristi più apprezzati dall'ingegnere («Il primo motore dell'Alfetta è nato a Modena a casa di Enzo Ferrari e gli uomini che lo hanno fatto erano quattro, tra cui mio padre», raccontava). Laureatosi con una tesi sul motore bicilindrico, Forghieri poi ha progettato ogni tipo di propulsore: 8 cilindri a 90 gradi, 12 cilindri da 60 a 180 gradi, 6 cilindri e 12 cilindri sovralimentati e ha firmato soluzioni che hanno fatto la storia introducendo gli alettoni (nel 1968 in Belgio) e il cambio al volante (bocciato da Gilles e poi riproposto a fine anni Ottanta da Barnard). Ferrari gli affidò il reparto corse quando aveva 26 anni dopo la fuga di Carlo Chiti e altri sei tecnici in lite con il Commendatore per colpa della moglie.

«Quando Enzo Ferrari mi chiamò per mettermi al mio posto, ho pensato che fosse pazzo perché mi mancava totalmente l'esperienza necessaria raccontava -. Avevo solo 26 anni ed ero appena uscito dall'università. Lui mi disse: Tu pensa a fare il tecnico e non ti occupare d'altro. Io ti starò vicino. E così ha fatto. Mi ha seguito sempre, nei momenti buoni e in quelli brutti, spesso anche quando sapeva che ero nel torto, perché si rendeva conto che quando hai un capo e gli mostri che ha sbagliato, il capo automaticamente perde di autorevolezza. È per questo che mi sosteneva». E Forghieri la sua autorevolezza ha continuato a portarla in giro fino all'ultimo.

Sedersi a chiacchierare con lui era come aprire un'enciclopedia con la differenza che non ti annoiava mai.

Commenti