Addio a Nené, gambe lunghe e cuore di bambino

Sivori lo mandò via dalla Juventus e fece la fortuna dell'ex compagno di Pelé nel Santos

Addio a Nené, gambe lunghe e cuore di bambino

Quattro lettere, con l'accento finale sulla e. Brasiliano, giocava nel Santos. Pelé? No, Nené, suo compagno di squadra con il numero 11 della casacca bianca, poi emigrato a Torino, nella Juventus, dopo aver affascinato in una amichevole di una notte d'estate, Giampiero Boniperti, dirigente bianconero che lo aveva visto dribblare i suoi.

Nené è morto a settantaquattro anni, è morto in Italia che per lui era la terra dei sogni e dei figli, due, nati a Quartu Sant'Elena, sull'isola che gli aveva regalato il titolo di campione d'Italia con il Cagliari di Giggiriva. Nené aveva gambe lunghe e cuore di bambino. Avrebbe dovuto seguire la carriera di suo padre Herminio, prima calciatore poi elettricista. Non avvitò lampadine ma continuò a segnare gol, non tanti ma molti decisivi.

Quando arrivò a Torino si ritrovò con l'eredità di John Charles e la vita non fu dunque facile. Long John aveva lasciato il segno dovunque e poi Nené, dolce d'animo, scoprì di dovere fare i conti con un compagno di squadra più figlio di buona donna di qualunque altro al mondo: Enrique Omar Sivori. Ora tra argentini e brasiliani c'è lo stesso rapporto che potrebbe sussistere tra Luciano Moggi e Marco Travaglio. Sivori guardava quel mulatto, così si scriveva al tempo, con leve sproporzionate e un ruolo non meglio definito, scherzava con i due Agnelli, Gianni e Umberto e alla fine riuscì a farlo sbolognare al Cagliari, dopo un solo anno di domicilio sabaudo. Nella Juventus, oltre al cabezon Sivori, Nené dovette subire il cambio di allenatore, dal connazionale Amaral a Eraldo Monzeglio, vecchia guardia tattica e tecnica del calcio italiano. A Cagliari trovò Sandokan Silvestri e poi Manlio Scopigno che gli dissero semplicemente di giocare a pallone, c'era Gigi Riva che provvedeva alla bisogna. Così arrivò lo scudetto, storico per l'isola e storico per lui che era stato pagato in comode rate, venticinque per cento annuali.

Trecento undici partite (non presenze come si dice e si scrive oggi) e 23 gol con i sardi, dopo i 23 incontri disputati con la maglietta bianconera e 11 gol, tentò la strada yankee con i Chicago Mustangs.

Provò anche ad allenare, le giovanili della Juventus, del Cagliari, della Fiorentina, aveva amici cento e mille, il suo carattere mite lo portò a essere amato davvero da tutti e, così, dimenticato dalla folla di tifosi smemorati che conoscono soltanto il calcio delle tivvù satellitari. Lascia due figli e la memoria calda di un football che ormai non esiste più, nemmeno in Brasile.

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