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Alcaraz e Sinner si prendono il tennis

In una maratona di 5 ore Jannik spreca un match point e si arrende

Alcaraz e Sinner si prendono il tennis

Il tennis è in buone mani, facciamo almeno quattro. C'era attesa a New York sull'incontro tra lo spagnolo Carlos Alcaraz e Jannik Sinner. I due prospetti più interessanti del circuito ATP, già solide realtà per risultati e qualità, hanno dato vita a un match, valido per i quarti di finale degli US Open 2022, che ci resterà nel cuore e nel cervello. 5 ore e 18 minuti, con una chiusura record alle 2.53 notturne americane, in cui i due hanno spinto dal primo all'ultimo quindici senza risparmiarsi.

Certo, gli errori non sono mancati, ma anche giocate spettacolari. In questo alternarsi di emozioni è stato l'iberico a prevalere con il punteggio di 6-3 6-7 (7) 6-7 (0) 7-5 6-3. Alcaraz ha quindi la possibilità di entrare definitivamente nella storia dello sport con racchetta pallina perché una vittoria dello Slam si tradurrebbe per lui, a prescindere dall'avversario, nel diventare il n.1 del mondo più giovane di tutti i tempi, migliorando il record stabilito dall'australiano Lleyton Hewitt (20 anni, 8 mesi e 23 giorni). Carlitos, classe 2003, di anni ne ha 19 e una storia tutta da scrivere.

Tuttavia, anche per Sinner i presupposti sono importanti. Jannik è diventato il più giovane giocatore, da Novak Djokovic (2007/ 2008), a raggiungere i quarti di finale di tutti i Major e, nei fatti, a un solo punto dalla semifinale a New York. Una sconfitta che brucia quella contro Alcaraz, capace di prendersi la rivincita nei confronti dell'altoatesino per le vittorie a Wimbledon e a Umago. Sinner ha pagato a caro prezzo i troppi doppi falli (11) e il 45% di efficienza al servizio con la seconda in battuta, mettendo in campo solo il 55% di prime. «Se è la sconfitta più dura? Ne ho avute altre di dure da digerire, ma questa senza dubbio sta in cima alla lista. Penso che farà male per un bel pezzo», ha detto l'azzurro. Una vittoria buttata? Forse sì, ma frutto di un percorso di crescita. La sensazione, infatti, è che il 21enne di San Candido sia ancor più tennista da «lavori in corso» di Alcaraz. Se è vero che l'iberico qualche problemino tattico ancora lo manifesta, dal punto di vista del gioco è completo e nei fatti non si sono notate grosse differenze dai sigilli a Miami, Madrid e a Barcellona in primavera.

Jannik, invece, si trova ancora in una fase di grande sperimentazione tecnica e nell'esecuzione della battuta c'è un chiaro aspetto critico. Automatismi che solo la partita può dare, con controindicazioni come i doppi falli descritti.

Per questo, la richiesta di pazienza non è malriposta a patto che il Killer Instinct sia parte integrante del proprio bagaglio, per evitare spiacevoli ragionamenti di se e ma.

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