Da Alexe a Oikonomou tutti gli Opti Pobà d'Italia

Tavecchio ha lanciato l'allarme in modo maldestro, ma ha ragione Nell'ultimo campionato 109 stranieri in campo per meno di 8 partite

Helder Postiga: chi l'ha visto? Constantin Nica? Idem. Marios Oikonomou? Mah. Manuel Pamic? Boh. Jhonny Mosquera? Prego, ripassare. Marius Alexe? Mai sentito. E via di questo passo. Perché è vero - verissimo - che il neo presidente federale Carlo Tavecchio ha clamorosamente sbagliato i toni del suo intervento passato alla storia come quello di «Opti Pobà, che l'anno scorso mangiava banane e adesso gioca in serie A», ma lo è altrettanto l'incredibile numero di stranieri inutili che il nostro calcio imbarca ogni estate. Giovani e meno giovani, famosi e sconosciuti: ce n'è per tutti i gusti. Costano poco (ma non sempre), a volte tanto e comunque non rendono per quello che si sogna: sono uno strumento per fare business, inutile negarlo. Muovono soldi, permettono alle società di mettere in piedi operazioni di bilancio buone per fare il maquillage a carrozzoni altrimenti in rosso fisso, illudono i tifosi che sognano di poter scoprire giorno dopo giorno di avere in casa un nuovo potenziale campione. Il risveglio è però troppo spesso durissimo: in pochi sfondano - Pogba e Iturbe sono le classiche eccezioni che confermano la regola - e l'anno dopo si ricomincia.

E' un carrozzone senza fine cui non si sottrae nessuno: lo scorso campionato dieci squadre su venti hanno utilizzato per più minuti gli stranieri degli italiani (54,1-45,9%), l'Inter addirittura il 92,2%. D'accordo essere “Internazionale”, ma così è troppo: o no? Persino una squadra “italiana” come la Juventus due stagioni fa regalò - altro verbo risulterebbe improprio - centinaia di migliaia di euro a Bendtner e Anelka: risparmiare qualche bigliettone e vedere sgambettare a Vinovo il Paolucci della situazione avrebbe fatto almeno risparmiare qualche soldo al cassiere.

Invece si insegue il sogno, salvo poi ricevere un pizzicotto con quel che ne consegue. Postiga? Minuti 139 in cinque presenze, trattandosi peraltro di un ex nazionale portoghese che evidentemente Lotito sperava fosse ancora nel fiore degli anni. Nica, oggi al Cesena e prima all'Atalanta? Sette presenze, 289' e un cartellino rosso. Oikonomou? Novanta minuti al Cagliari, ci riproverà con il Bologna. Pamic? Il Chievo lo ha visto per 195'. Mosquera? Ha allietato i tifosi livornesi per 259'. Alexe? Piuttosto che farlo giocare più di 164', il Sassuolo ha comprato un attaccante dietro l'altro. Esempi ce ne sarebbero a chili, basta avere voglia di scartabellare qua e là, on line e non solo. E se ovviamente non mancano stranieri al di là di ogni sospetto trattandosi di giocatori veri (dodici mesi fa arrivarono, per tutti, Llorente e Tevez, Strootman e Higuain), sono gli altri che devono fare accapponare la pelle dando in qualche modo ragione al pensiero che Tavecchio ha espresso nella maniera più sbagliata possibile: nell'ultimo campionato 109 stranieri di serie A hanno giocato meno di 8 partite da titolare. C'è da rabbrividire, ecco. Anche perché, depurando l'elenco da ragazzini e infortunati, ne rimangono una sessantina di pagati e quasi mai utilizzati.

Da qui bisogna ripartire, comunque la si pensi e senza dimenticare (mai) che la gaffe di Tavecchio è impossibile da giustificare. Finché però non si metterà mano alle regole - senza ricadere nel protezionismo, peraltro impossibile da applicare, ma incentivando gli investimenti sui settori giovanili magari con un minimo obbligatorio di italiani in distinta - ci sono da attendersi altre invasioni più o meno giustificate.

Nella sessione estiva e pure in quella invernale, quando magari si vuole correre ai ripari inciampando in gaffe che poi fanno il giro del mondo come quella di cui si è reso protagonista Tavecchio: per informazioni chiedere al Bologna, lo scorso febbraio dimenticatosi di andare a prendere all'aeroporto l'appena ingaggiato brasiliano Ibson, uno che comunque aveva vinto tre campionati carioca con il Flamengo. Dieci presenze e 377' dopo, tanti saluti alle Due Torri e all'Italia: meglio il ritorno in patria.

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