nostro inviato a Cardiff
«Grazie di tutto». Sono le ultime parole ufficiali di Massimiliano Allegri uscendo dal tendone delle conferenze del Millennium Stadium. Messe lì così fanno uno strano effetto. Perché la rabbia è più grande della delusione per l'allenatore. Il cedimento arriva mentre sta per salire sul pullman dopo la notte maledetta di Cardiff per tornare nel castello ritiro della Signora in Galles. Che per una notte deve essere stato qualcosa di simile a una prigione perché la faccia dell'allenatore quando è sbarcato a Vinovo ieri mattina era la stessa della sera precedente. Un cenno ai tifosi e via con mille pensieri. Uno su tutti contro quei pronostici, contro quei giudizi su una Juventus «nettamente favorita, ma erano valutazioni sbagliate», ha spiegato in conferenza stampa nel dopo gara. Per l'allenatore l'ottimismo dilagante deve aver insinuato nella squadra un nemico invisibile e pericoloso: il pensiero che fosse scontato alzare quella coppa. E quel «bisogna diventare grandi» regalato ai taccuini è carico dello scoramento dopo una partita non giocata per metà a livello di squadra e per intero da alcuni interpreti.
E su questo l'allenatore ha poche colpe: gli sono mancate le armi migliori. Dybala e Higuain sono quelli che più sono mancati, eppure dovevano essere loro a trascinare alla vittoria. L'HD non ha ancora una visione da finale e se per la Joya c'è la parziale giustificazione dell'esordio su un palcoscenico del genere, per il Pipita c'è il peso dei novanta milioni spesi proprio pensando alla Champions league. E se il muro della BBC è crollato sotto i colpi di Cristiano Ronaldo, non è questione di singoli, bensì di reparto. Non la difesa, ma il centrocampo.
Due anni dopo Berlino, anche se il risultato è stato lo stesso, è la mediana a far riflettere perché Pirlo-Vidal-Pogba era il fiore all'occhiello smontato per scelte di vita, personali e di milioni, mentre sabato a Cardiff Pjanic e Khedira sono stati sovrastati da Casemiro-Kroos-Modric. E Fabio Capello ce l'aveva detto: «Mi piace tanto il centrocampo del Real Madrid». Di fatto era la lettura di quello che sarebbe successo. Il recupero di Khedira dall'infortunio non ha pagato e con il senno di poi rimarrà il dubbio se non fosse meglio schierare Marchisio. E' forse questa l'unica scelta che non ha convinto fino in fondo dell'allenatore. L'aveva preparata partendo forte per andare in vantaggio e poi spostare l'incontro sul suo terreno preferito: la fase difensiva. «Abbiamo preso dei rischi, ma due tiri uguali di Pjanic e Casemiro hanno avuto un esito diverso...». E così il piano non è riuscito e la Juve ha mostrato i suoi limiti al cospetto di un avversario superiore in tutto. Ma a dover far riflettere non è tanto il calo fisico così evidente, ma l'incapacità di restare dentro la partita con la testa. Non è da Signora cedere mentalmente così di schianto.
La botta c'è stata e lascerà il segno, ma Allegri ha voluto rialzare la testa con un «non abbiamo chiuso un ciclo», rilanciato con un «dopo due finali speriamo di vincere la terza...». E soprattutto ha mandato messaggi alla società: «Sa dove deve migliorare questa rosa, che deve essere completata con altri giocatori». Perché il Real Madrid ha svelato una Signora con il fiatone conseguenza della mancanza di alternative in attacco che con la formula a trazione anteriore ha obbligato agli straordinari Higuain e soci. Insomma serve di più per mantenere la promessa regalata lasciando Cardiff: «La prossima stagione faremo un'altra grande Champions».
Con il rompete le righe, Allegri ha dato appuntamento alla
squadra per metà luglio e salutato con un tweet: «La delusione è pari all'orgoglio che provo per la stagione della squadra. Ora stacchiamo, per ripartire ancora più forti!». Saranno quaranta giorni nel deserto per la Signora.
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