Per chi pensa che la Champions debba essere, innanzitutto, divertimento e spettacolo, allora l'appuntamento è per questa sera quando toccherà al Napoli entrare nell'arena ucraina e ascoltare la famosa musichetta. Da qualche tempo Maurizio Sarri e i suoi si portano dietro l'etichetta di squadra capace di produrre bel calcio che viene censurata dagli oppositori, specie quelli di fede juventina, ed esaltata invece dagli ortodossi sacchiani che rivedono in quelle esibizioni alcuni frammenti del primo Milan berlusconiano. Quello, almanacco alla mano, vinse la coppa dalle grandi orecchie al primo tentativo ma possedeva, oltre al gioco, anche dei fuoriclasse.
In verità, dopo la sera di Bologna, persino l'Arrigo da Fusignano, eterno ammiratore di Sarri e del suo calcio, ha avuto qualcosa da ridire sull'esibizione («primo tempo che non convince e non emoziona») senza perdere la stima e la fiducia in quel calcio che è molto impegnativo, e non solo fisicamente. Già, perché solo esaltando la velocità applicata alla tecnica di Mertens, Insigne, Callejon, Hamsik (visto in calo, ma per Sarri è «insostituibile») è possibile godersi una delle serate da Napoli. Che dinanzi allo Shakhtar non fa distinzioni e si prepara al prossimo duello spettacolare col Manchester City di Guardiola, un altro maestro cresciuto a Barcellona e adesso finito in Inghilterra a rilanciare gli appetiti degli sceicchi.
«Non è vero che non cambio mai, è diventato un luogo comune», la frase con cui Sarri prova a liquidare la polemica che lo insegue da qualche tempo e che ne fa una sorta di talebano, affezionato ai suoi titolarissimi col rischio di spremerli e spolparli facendoli arrivare col fiatone nella fase decisiva della stagione. A dire il vero l'ultimo Napoli, capace di reggere nonostante la partenza di Higuain e l'infortunio di Milik, uscì dalla Champions soltanto perché pescò nell'urna il Real Madrid a cui fece un bel po' di paura, nei primi 20 minuti dell'andata, e per un tempo al ritorno senza riuscire nell'impresa storica di eliminarlo. Finita la benzina, quel Napoli si arrese a un paio di capocciate di Sergio Ramos. Di qui le critiche alle scelte di Sarri costretto ieri sera a difendersi sfoggiando i soliti occhialini sulle ventitré e la voglia di spedire a quel paese l'interlocutore.
A ben giudicare il Napoli che debutta stasera in Champions dopo aver rifilato una bastonata al Nizza di Balotelli, ha un'altra caratteristica della quale sentiremo parlare spesso. Il famoso patto del Vomero, quello sottoscritto da tutti i protagonisti quando decisero di rinunciare a qualsiasi proposta e/o offerta di mercato per restare, «tutti insieme», ancora un anno e provare a vincere «qualcosa d'importante». Che non vuol dire puntare alla Champions, naturalmente. Semmai al titolo domestico.
Perciò da ieri sotto casa di Pepe Reina, il portiere napoletano tentato dalla possibilità di sbarcare a Parigi, è spuntato uno striscione riconoscente. A Napoli può succedere anche questo. Nell'attesa di una serata divertente e molto altro ancora.
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