«Voglio diventare numero uno del mondo».
Non è che la cosa sia originale, è un po' come voler diventare calciatore oppure astronauta. Eppure Carlos Alcaraz non è certo uno banale, visto che non ancora ventenne dopo aver battuto Nadal e Djokovic ha trionfato nella finale di Madrid 6-3, 6-1 con Zverev. In pratica: è come se gli Dei dell'Olimpo stessero assistendo a una rivoluzione guidata da una gigantografia muscolare di Big Jim, perché a quello un po' assomiglia il giovane fenomeno spagnolo che sta sparigliando le carte del tennis mondiale. Ha appena compiuto 19 anni, ha iniziato l'anno da numero 32 del ranking, ora è numero 6. E dunque: numero uno del mondo, perché no? Insomma: chi è Carlos Alcaraz?
Innanzitutto non è l'erede di Nadal, né lo vuole essere: «Lui è mancino e io no, lui è maiorchino e io di Murcia, insomma non c'entriamo nulla l'uno dell'altro. Detto questo è un mito, e ogni consiglio che mi dà è una benedizione. Ma chi mi paragona a lui continua a mettere dei sassi nel mio zaino che io a ogni partita ributto indietro». Lo fa anche più che bene, approfittando appunto della decadenza (inevitabile) degli Dei.
E poi Carlos Alcaraz è il tennista che trova tutte le soluzioni, soprattutto quando vede momenti di cedimento da parte del rivale di turno, così come gli ha insegnato il coach Juan Carlos Ferrero che è stato sì numero uno del mondo, senza essere predestinato come lui. È una fotografia del tennis moderno, capace di fare tenerezza quando parla dei suoi genitori, che - come si conviene in una famiglia per bene - gli amministrano i soldi perché non gli sfuggano di mano: «Se si tratta di spendere per il golf me lo permettono. Però vorrei comprarmi un'automobile più bella, ma finora non ci sentono».
Gentile fuori, feroce dentro, Alcaraz probabilmente è la pillola magica per uno sport che rischiava di rimanere stordito da un dominio così lungo dei suoi eroi infiniti. Ma con Nadal che passa tra un dolore e l'altro, Djokovic alle prese con i suoi demoni e Federer che prepara l'exit strategy, lui diventa il punto di riferimento di uno tennis che va oltre i suoi Dei.
Dopo il trionfo di Madrid ha deciso di rinunciare a Roma per concentrarsi sul Roland Garros.
Agli Internazionali ci sarà invece Jannik Sinner, che a proposito della sua crescita (e di Alcaraz) ha le idee chiare: «Ognuno ha la sua strada: c'è chi corre e chi ha i suoi tempi. L'importante è guardare a se stessi, io un obbiettivo chiaro in testa». Indoviniamo?
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