Bastano venti minuti di Dybala per riaccendere pure il Pipita

La Signora ritorna finalmente a ballare il tango Gonzalo è spietato e l'altro argentino regala fantasia

Bastano venti minuti di Dybala per riaccendere pure il Pipita

V enti minuti di derby. Gli ultimi. Dybala e Higuain, insieme. Un'altra partita, un altro finale, un'altra Juventus. Buon Toro, di cuore ma non di testa, causa presunzione del suo allenatore che ha pensato di vincere quando avrebbe dovuto tutelare il pareggio e non rischiare. Torino come al solito incornato da un avversario che è perfido ma sa anche giocare a football quando le cose sono messe al loro posto, ordinato, con intelligenza. Ho detto dei due argentini, non a caso. Allegri aveva scelto di tenere Dybala in panchina, preferendogli il malmostoso ma prepotente Mandzukic, con il broncio anche al momento della sostituzione, a venti dalla fine dopo dieci partite consecutive da titolare. E aveva scelto, il tecnico livornese, di rinunciare anche a Pjanic, piazzando come tuttofare, ma sulla fascia esterna, Sturaro un gregario che non sarà mai una cosa seria. Quando è entrato Dybala anche la barba di Higuain ha preso a luccicare, come il gioco della Juventus. Il gol, il dodicesimo stagionale del gordo, è stato micidiale, feroce, da killer dell'area di rigore. Il primo ad abbracciarlo è stato il suo compatriota, il quale ha offerto alcuni numeri di stile altissimo, mandando a spasso mezza difesa torinista senza che Sinisa Mihajlovic capisse la lezione.

Dybala ha costruito la palla del tre a uno di Pjanic con una azione nella quale ha dribblato, dicesi oggi saltato ma quelli del fuoriclasse argentino sono dribbling veri, disorientato, dunque, tre calciatori granata e, dopo la deviazione di Hart li ha nuovamente sorpresi sul tempo, offrendo la palla a Pjanic. Tutto questo in secondi quattro e in metri cinque, come un passo di tango, affascinante, erotico anche, spietato. Un fuoriclasse, lo ripeto, l'uomo che mancava alla Juventus e a Higuain, la fantasia e l'astuzia necessarie per crescere, per migliorare, per risultare diversi dagli altri. La Juventus, nella partita delicata che anticipa lo scontro (tale è, ormai, visto il becerume dell'ambiente, non soltanto dei tifosi ma della stampa, anche quella cosiddetta illustre) con la Roma, ha recuperato uomini e coscienza di se stessa. Prima ha fermato i sogni dell'Atalanta, ieri abbattuta anche dall'Udinese, quindi ha consolidato il primato nel gruppetto di Champions league, poi ha superato il derby allestito con i fumi giusti da Mihajlovic che dagli stessi fumi è rimasto intossicato.

Peccato per il Toro, che merita sempre di più di quello che spende in fatiche fisiche e nervose e che ha un attaccante vero, Belotti, finalmente un italiano che lotta e si batte come un leone con il rischio di restare in gabbia per il resto della sua carriera, compresi i cento milioni di clausola rescissoria che hanno reso pubblicità più al presidente Cairo che al ragazzo.

Tutto ciò non può e non deve far passare in linea d'ombra Gonzalo Higuain. Il suo sorriso e la sua reazione positiva nei venti minuti finali, una volta uscito Mandzukic, fanno capire molte cose, anche ad Allegri. E, mi auguro, ad Agnelli e Marotta.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica