Berlusconi affranto Galliani pompiere Allegri cambia tattica

Forse solo la storia può attendere, non certamente la cronaca. Mai vissuto dal vecchio Milan un incipit così avvilente di stagione: da ottantadue anni secondo gli statistici (2 sconfitte di fila nelle prime tre durante gli anni trenta). Invece nella stagione 2007-08 le ultime due sconfitte consecutive nello stesso campionato: proprio contro Samp e Atalanta, classifica finale quinto posto. E non è il solo deficit da segnalare. Perché se ne aggiungono altri, molti altri tra cui lo zero raccolto nei punti domestici a San Siro e lo zero in fatto di gol realizzati in 180 minuti. A poche ore dal debutto di Champions league contro l'Anderlecht è come ritrovarsi nel mezzo del tunnel con una luce che s'intravede ma trattasi quella di un treno lanciato contro a tutta velocità. Gli aspetti più avvilenti del panorama sono altri due ancora: la rassegnazione che si coglie nel popolo dei tifosi, nemmeno un accenno di contestazione, e l'apparente serenità di Allegri, capace di giocare con le parole pur di nascondere agli occhi altrui la deprimente realtà («l'anno scorso dopo 3 partite avevamo 2 punti, quest'anno …abbiamo fatto meglio»), mitigata appena dalla riflessione giunta nel cuore della notte sabato dopo la sconfitta con l'Atalanta. «Altre sconfitte conosceremo in futuro»: come per dire, i tormenti non finiscono qui.

In uno scenario del genere, indispensabile l'intervento di Adriano Galliani, vice-presidente vicario rintanato nelle viscere di San Siro con la speranza di esorcizzare la sconfitta con la macumba della fuga dalla tribuna d'onore. È arrivato a colazione a Milanello, ha pranzato con Allegri, che poi ha invitato anche a cena, ha fatto sapere attraverso il portavoce del club che «l'allenatore non rischia» (già partita la lotteria del possibile sostituto) e poi ha dettato a Sky la frase più completa. Eccola: «Allegri non è assolutamente in discussione, deve rimanere sereno. Dobbiamo pensare a vincere. È stato il presidente Berlusconi a chiedermi di stare vicino e di tranquillizzare la squadra».

Incendio spento? Tutt'altro. Perché nel frattempo dalla nave dove il presidente Silvio Berlusconi ha vissuto la serata di sabato, sono arrivati alcuni preziosi dettagli. Per vedere il Milan ha ritardato l'inizio della cena, e alla fine, nero in volto, ha evitato commenti pubblici confessando ai tanti lettori, molti dei quali di fede rossonera, «di essere affranto» per le vicende del suo Milan. La fortuna - o la disdetta- è che nel giro di poche ore, il Milan è chiamato a rimettere piede sull'erba semi-sintetica di San Siro e di affrontare l'Anderlecht che non è certo il rivale più accreditato del girone (Zenit e Malaga gli altri clienti pericolosi). Si può voltare pagina oppure restare al centro della crisi scivolando sempre più in basso, come sembra evidente anche a chi ha conosciuto un altro Milan e ha conservato un rapporto affettivo con tutto l'ambiente. Carlo Ancelotti è uno di questi. Avendo giocato venerdì, sabato sera si è messo dinanzi alla tv per gustarsi il Milan e ne ha tratto una visione «molto triste».

La speranza per risollevare le sorti è legata a una serie di recuperi: il primo di Montolivo (con Ambrosini ko) a centrocampo, il secondo di Mexes in difesa (con Acerbi in panchina) per puntellare i due reparti che hanno denunciato il maggior bisogno di energie positive, di talento insomma oltre che di mestiere. Quelli più attesi, in attacco, Robinho e Pato cioè, sono invece ancora lontani e perciò Allegri deve cavarsela da solo se non vuole finire nel tritacarne. La sua mezza intenzione è quella di procedere anche a un ritocco del sistema di gioco. Di passare cioè dalla storica difesa a quattro, a quella di recente moda, a tre, con tre difensori centrali, più due laterali che possano cementare gli argini e rendere meno fragile l'organizzazione complessiva della squadra sorpresa, in contropiede, sia dalla Samp che dall'Atalanta con le identiche modalità. «Non si può cambiare modulo nel giro di due giorni» è la spiegazione didascalica di Allegri che non ha certo smentito la prospettiva pur di rimediare in qualche modo a questa deriva che ha motivazioni non soltanto tecniche.

«Dobbiamo avere meno paura» continua a ripetere il livornese. Ma come per don Abbondio il coraggio «non può darselo chi non ce l'ha». E il Milan così mal ridotto di questi tempi non ha coraggio e non può perciò darselo.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica