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"Berlusconi sempre nel cuore". Che notte per Monza e Milan

Piersilvio commosso: "L'affetto della gente emoziona". Prima uscita pubblica dopo i funerali per Marta Fascina

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«Il Volo» plana sullo stadio U-Power (che nessun monzese doc si sogna di chiamare così) un paio d'ore prima del fischio d'inizio. Ma i «tre tenori» è dalla mattina che litigano bonariamente, ma neanche tanto. Piero Barone è l'unico che tifa Milan (e quindi anche un po' Monza), Ignazio Boschetto tiene per la Juve e Gianluca Ginoble è partito per la «Magica». Tre fedi calcistiche diverse (diciamo pure conflittuali) accomunate però da una «stima» e un «affetto»: quello per Silvio Berlusconi. Un amore così grande e Vincerò cantano in onore di Silvio. E Piersilvio si commuove: «Serata da brividi. L'amore della gente per mio padre è emozionante per noi figli. È una prova della sua grandezza, ma ancora di più dell'umanità e dell'amore che ha dato allo sport, all'Italia e agli italiani. Ci ha abituato ai miracoli e questa è una cosa bella che non va dimenticata».

Poi prendono la parola il presidente del Milan Paolo Scaroni e l'ad del Monza Adriano Galliani: «Abbiamo la responsabilità di raccogliere l'eredità morale e sportiva di un grande presidente». I 17mila applaudono. Un minuto di silenzio. Lo stadio urla: «Un presidente, c'è solo un presidente!». E chissà quanti altri tra i milioni di spettatori collegati da tutto il mondo avranno gridato la stessa cosa. Arriva anche Marta Fascina. In silenzio e commossa anche lei.

Ma facciamo un passo indietro. Il Volo poche ore prima si erano fatti largo tra i fan: «Si può pensare ciò che si vuole di Silvio Berlusconi, ma certo è un personaggio ormai entrato nella storia». Quanto in quella politica del Paese, lo diranno i posteri; quanto in quella del calcio italiano, lo dicono i 17mila del Brianteo (l'unico nome della mitica arena cittadina che qui fa davvero battere il cuore) che per nulla al mondo si perderebbero la prima sfida Monza-Milan del primo trofeo Silvio Berlusconi.

Anzi no, c'è solo una cosa per la quale il pubblico rinuncerebbe al match: una battuta di Silvio. Cosa impossibile. Ma per fortuna a venire in soccorso è la memoria, che dà forma ai ricordi attraverso la foto che una signora stringe tra le mani: è lui, il Cavaliere, nel cortile di Villa Gernetto intento a calciare, con posa da angelo con le ali spiegate, un pallone fuori inquadratura che però si capisce in arrivo dall'alto. La signora si chiama Clara e quando le chiediamo il perché di quel cimelio portafortuna, lei quasi si commuove: «Il Monza era ancora in serie C. In tre stagioni Silvio l'ha portato tra le protagoniste della A. Solo lui poteva riuscire in un'impresa tanto straordinaria». «Solo lui», certo, ma in quella stessa immagine profumata di Amarcord si vedono altri due protagonisti della fantastica avventura monzese: Galliani che osserva beato il «capo» in versione arcangelo Gabriele e il fratello dell'«arcangelo», Paolo che se la ride di gusto alle spalle dell'allora allenatore Brocchi, l'unico del gruppo che cerca, invano, di rimanere serio.

A fare da cornice tutti i calciatori che «il Presidente» lo guardano sì divertiti, ma soprattutto ammirati. Già, perché negli ultimi anni Silvio quando faceva visita ai suoi «ragazzi» dava il meglio di sé, ringiovaniva. Questo ieri. Oggi invece vengono messe sulla poltroncina dove Berlusconi seguiva le imprese dei suoi eroi brianzoli le maglie delle sue due squadre del cuore: Milan e Monza. «Se la malattia non ce l'avesse portato via - giura Claudio, 74 anni, vecchio abbonato del Monza Calcio - ci avrebbe davvero portato in Europa. Lui che di vittorie se ne intendeva, essendosi in passato allenato al Milan con 8 scudetti e 5 Champions».

La partita finisce. Applausi. La luna è piena e luminosa. Forse merito di Silvio che lassù ha ritrovato il padre Luigi, a cui per 25 anni è stato dedicato il Trofeo che da quest'anno porta il nome del figlio Silvio. Un passaggio di testimone di cui entrambi sarebbero orgogliosi. Così come l'intera famiglia.

Con gli occhi divisi tra campo e cielo stellato.

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