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Braccino Sinner e la finale senza soffrire di Mattarella

Jannik al Quirinale emozionato con gli azzurri della coppa Davis. E il presidente sullo slam: "Ho visto 4° e 5° set..."

Braccino Sinner e la finale senza soffrire di Mattarella

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La Ferrari ha sempre attirato i grandi campioni. Ci riusciva fin dai tempi di Fangio, il primo campione del mondo ad aver corso con la Scuderia, quando ancora il Cavallino non aveva dalla sua parte la storia. Per convincere Fangio che aveva già vinto tre Mondiali bastarono il fascino di Enzo Ferrari e la promessa di un'auto vincente. Il matrimonio si concluse male, con un litigio tra il commendatore e l'asso argentino. Ma dopo aver vinto il suo quarto titolo. Operazione conclusa. Per rivedere un campione del mondo vincere con la Ferrari, però poi si dovette attendere fino a Michael Schumacher, arrivato dopo due mondiali vinti con la Benetton. Michael divenne un mito con la Ferrari di cui aveva accettato la corte quando ancora non era una squadra vincente. Ma lui che non aveva la conoscenza della storia di Hamilton si era impressionato vedendo come a Hockenheim i tifosi tedeschi festeggiarono il ritorno alla vittoria di una vettura rossa con Gerhard Berger. Vedere tutti quei tedeschi festeggiare un austriaco lo impressionò. E quel giorno decise di andare a sentire che cosa gli proponevano Luca di Montezemolo, Gianni Agnelli e Jean Todt. Aveva capito che per diventare leggenda dopo due titoli mondiali, avrebbe dovuto provare a vincere con la Ferrari. Non si è accontentato di vincere. Ha stravinto. E poi ha fatto il percorso inverso di Lewis: è andato a chiudere la carriera in Mercedes con il suo vecchio amico Ross Brawn. Una macchia che i tifosi gli hanno perdonato. Anche perché non ha più vinto.

Ma là dove è riuscito Schumacher hanno fallito in tanti: Prost, Alonso, Vettel, sono tanti i campioni del mondo arrivati a Maranello senza riuscire a migliorare il loro albo d'oro. Il Professor Prost accettò la proposta della Ferrari di Cesare Fiorio per sfidare Senna da un'altra prospettiva. Gli andò male perché fu vittima della vendetta di Ayrton a Suzuka e poi dei pasticci politici del presidente di allora. Il suo eterno rivale, Ayrton Senna, che bene aveva compreso che cosa significasse guidare una Ferrari, invece non arrivò mai a Maranello. Ci andò vicino, firmò un precontratto con Fiorio ma fu bloccato da Prost e da Romiti, poi si promise a Montezemolo, ma finì di vivere prima di poterla mantenere. È uno dei pochi campionissimi mai arrivati a Maranello. Lui e Jackie Stewart, un altro che il grande vecchio avrebbe volentieri portato a Maranello perché stimava la persona oltre che il pilota. Gli ultimi campioni del mondo arrivati a Maranello sono stati Alonso e Vettel. Sono arrivati pieni di sogni con l'obiettivo di entrare nella leggenda vestendo di rosso. Se ne sono andati svuotati.

Ma ancora innamorati di una macchina da corsa che tutti i bambini colorano di rosso.UZap

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