Cammarelle d'argento, ko finisce solo la boxe

Cammarelle d'argento, ko finisce solo la boxe

nostro inviato a Londra
Ci voleva un ko. Lo diceva la storia della boxe ed anche l'italiano fai da te. Roberto Cammarelle porta a casa la terza medaglia della sua serie. Visto da lontano pareva d'oro. Vista dai giudici è solo d'argento. Stavolta non è ammaccata la faccia dello sconfitto, solo la morale di questo combattimento. Sei contro uno, così non si fa. Da una parte un pugile con pochi colpi, si chiama Antonhy Joshua, sembra un eterno cenerentolo, e con lui cinque giudici dal colpo in canna: la parte già scritta. Presi per nazione cinque con faccia neutrale: Cina, Usa, Kazakistan, Brasile, Cuba. Messi insieme un bel gruppo di cecchini. Vabbè siamo in Inghilterra, le giurie stranamente non riescono ad essere contro gli atleti di casa. Le giurie pugilistiche hanno triste fama, forse peggiore di quelle di ginnastica, tuffi e di tutto quanto sia a gestione umana. Il mercato dei voti, dei punti e dei verdetti è storia antica come l'uomo, quello dei verdetti rivoltati pure.
Londra ha chiuso i giochi con il suo campione dei pugni pesanti, il massimo dei massimi per gente che non dimentica di aver inventato la noble art. Volevate toglier loro la soddisfazione? Cammarelle ci ha provato e forse ci ha creduto. Due round per sperare, uno per affondare. Lo hanno stroncato le valutazioni arbitrali, ma pure una tattica da pollastro. Rino Tommasi antico suiveurs di cose pugilistiche l'ha detta giusta in una parola: «Doveva far durare un solo minuto una ripresa di tre minuti». Invece il nostro gigante dai pugni di ferro si è perso nella bagarre, i tre minuti sono stati lunghi e tormentati, ha lottato anziché usare la tecnica di un re bisbetico che ti tiene lontano con buffetti colpetti e ostruzione. Serviva l'arte pugilistica inquinante di Patrizio Oliva, uno che ti faceva perdere la testa scappando e schivando. Patrizio glielo ha urlato. Eppoi c'è rimasto male come tanti. «Dove avranno tirato fuori i punti, ci voleva una calcolatrice. Lo sapeva, doveva metterlo giù».
L'Arena dell'ex Cel invece non aspettava che veder qualche punto del suo campione della speranza, ad ogni allungo un'estasi, ad ogni smorfia di Cammarelle un grido di gioia, mulinavano braccia sul ring: fumo e arrosto. Joshua è un tipo tosto e immaturo, più di un anno fa è finito all'arresto per droga: ha passato un anno ai servizi civili, 100 ore di lavoro gratuito. Ma nello sport potrebbe essere un placcatore dei campi del rugby, magari un tipo da football americano. Eppure ha concluso l'Olimpiade di Londra come voleva la sceneggiatura. Discorso da pugni puliti e mani sporche. Cammarelle ha sempre uno splendido stile pugilistico, per due round ha fatto vedere agli inglesi come vada intesa l'arte nobile di cui vanno fieri. Niente di eccezionale, a Pechino aveva fatto vedere altro. Ma qui poteva bastare, il tempo passa: pesavano i dieci anni in più rispetto all'altro. Ma, guarda lo schiribizzo del destino, proprio dai giudici dove il pugilato crea campioni si è preso le randellate. Lo statunitense e il cubano lo hanno inchiodato, nell'ultimo round, con uno scarto di quattro punti. Nei primi due round, Cammarelle aveva raggranellato tre punti di vantaggio. Tanto da convincere il suo ct. Francesco Damiani glielo ha urlato in faccia: «Dai, ce la fai. I giudici non sono così contro». Devono averlo sentito. Lo hanno smentito. Damiani ne è uscito imbufalito. La delegazione italiana ha fatto reclamo, ovviamente rigettato. Lui, Cammarelle, c'è rimasto male. «Mi brucia». Ma si è subito guardato allo specchio. «Verdetto casalingo, ma anch'io ho sbagliato qualcosa. Ho cercato la bagarre per gestire il match. Forse non dovevo. Ho dato tutto. Sapevo che la giuria era casalinga, sapevo che rischiavo, ma credevo che tre punti di vantaggio bastassero per portare a casa la medaglia. Non mi sento un vinto».
Difficile vedere uno sconfitto made in Italy con tanta flemma inglese. Si consola pensando alla famiglia, al futuro con il bambino appena nato. È uno sconfitto con animo tranquillo, non rassegnato. Dice. «Tutti mi hanno visto vincitore, tranne cinque persone. Cosa ci posso fare?». E la finirebbe così. Rilancia l'idea che gli avrebbe tolto un po' di bruciore. «Era meglio sentirsi affossato da un punteggio esagerato». Ma poi scopre che due giudici hanno seguito quella tecnica. In realtà il match è finito 8-8, a quel punto la regola vuole che si contino i colpi e la vittoria è andata all'inglese.
La boxe italiana chiude con tre medaglie, un bel bottino. Cammarelle ha provato un colore per ognuna delle sue olimpiadi.

Ieri ha dato lezione anche fuori dal ring. «Comunque vado a casa felice: ho vinto una medaglia, tanti non ce l'hanno fatta. Chiuderò con i campionati italiani. Voglio lasciare da vincitore». Ieri ha perso, la sua storia ha vinto.

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