di Tony Damascelli
Ci risiamo con il silenzio stampa. Roba arcaica, inutile, controproducente. La Juventus (chi?) decide di non presentarsi alla conferenza quotidiana, i cronisti se la godono, nulla cambia, i giornali vanno ugualmente in edicola, le notizie sui bianconeri circolano comunque e dovunque.
A che cosa serve, dunque, la presa di posizione juventina? A nulla se non ad accentuare un clima acido, pensate un po', che esiste tra la squadra campione d'Italia e ancora capolista e il resto della comitiva che ogni giorno segue allenamenti e trascrive frasi di repertorio. Non sono più i tempi di Allodi, di Boniperti e di Moggi quando, almeno, una voce sola si faceva sentire, furba, antipatica, arrogante ma espressione autorevole e unica della società.
Oggi chi è in grado di interpretare questo ruolo nel club di Torino? Andrea Agnelli che è giovane e ancora inesperto di certi meccanismi e rapporti con la stampa sportiva, Antonio Conte però fermato dalla squalifica e dai fili scoperti di una tensione continua. Il resto non esiste, non ha carisma, non ha autorevolezza, non ha potere nemmeno nei confronti della squadra. La comunicazione del club è fallimentare, la società che conta più tifosi riesce a farsi del male da sola e questa ultima decisione, capricciosa e infantile, ne è la conferma.
Per fortuna poi esiste il campo, su quello parlano i calciatori, su quello la verità viene illustrata anche tra polemiche e contestazioni. Bisogna saper vincere ma anche perdere. Bisogna soprattutto ricordarsi che i giornalisti, per fortuna di tutti, non giocano. Al massimo, per farsi riconoscere, festeggiano. Michel Platini, molto conosciuto a Torino, un giorno rivolgendosi agli inviati francesi che seguivano la nazionale disse: «Invece di criticarci dovreste ringraziarci.
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