Qatar 2022

La coppa dei diritti negati. Infantino si crede JFK: "Io arabo, gay, migrante"

Il n°1 Fifa riadatta la frase di Kennedy a Berlino, difende il "suo" campionato e accusa l'Europa

La coppa dei diritti negati. Infantino si crede JFK: "Io arabo, gay, migrante"

John Fitzgerald Infantino. Dai, chiamiamoli così. Da Berlino a Doha, un copia e incolla magnifico: «Ich bin ein Berliner», «io sono un berlinese» disse il presidente americano Kennedy nella Rudolph Wilde Platz, davanti a duecentomila persone. «Io mi sento gay, arabo, disabile e migrante», ha dichiarato JFI a Doha, davanti a un gruppo di giornalisti. Eccolo il nuovo orgoglio Fifa, ecco l'Uomo che tutela i diritti umani, non soltanto sportivi e volgarmente calcistici, JFI non è il presidente del mondiale, è il presidente del mondo, l'ideale ambasciatore che ha preso il pallone dalle mani di Vladimir Putin e lo ha trasferito in quelle di Tamin bin Hamad Al-Thani.

Una triade di trasparenti democratici, infatti anche JFI è l'unico candidato alle prossime presidenziali Fifa, organismo al quale sono iscritte 211 Nazioni, un numero superiore a quelle rappresentate dall'Onu (193), incapaci o impotenti di trovare un altro concorrente candidato. Il discorso del Presidente è stato un proclama con momenti teneri di confessione: «Sono stato bullizzato da giovane e ho pianto», un atto di dolore contro l'ipocrisia degli europei che parlano e scrivono delle vittime di questo mondiale, lavoratori di ogni parte povera sfiniti e finiti sotto gru e crolli di strutture, sepolti nel deserto, scomparsi dai radar, europei o stranieri che dimenticano le migliaia di defunti del vecchio continente, di tremila anni di soprusi da noi perpetrati, dinanzi ai quali dovremmo chiedere scusa al mondo e al mondiale «perché le aziende estere che qui lavorano non hanno fatto nulla per favorire il mondo del lavoro, noi abbiamo dato 350 milioni di euro e loro nulla».

Anche Sua Santità Bergoglio papa Francesco, deve avere provato un amen di commozione leggendo le parole dell'omelia proveniente da Doha, sono frasi dure, è un messaggio profondo, JFI ha detto che il calcio rende tutti uguali, sì ha detto proprio così, mentre nella sua ditta si contano dollari, euro o altra moneta in arrivo da vari siti del mondo, mentre va a cominciare un torneo che impone limiti proprio ad arabi, gay e migranti e donne. Ci vuole del fegato, anzi del foie gras per pronunciare simili cose ma J.F.I sa benissimo che così dicendo protegge se stesso e la propria nuova residenza qatariota. «Abbiamo ripulito l'immagine della Fifa» ha aggiunto, dimenticando però un particolare: egli è sotto procedimento in Svizzera per incitamento all'abuso di autorità, violazione del segreto d'ufficio e ostacolo al procedimento penale, una vicenda legata all'affaire Platini, fatto fuori dalla candidatura alla presidenza, della quale si impossessò il suo segretario, JFI. Michel Platini è uscito totalmente dalle accuse, ha scontato la squalifica inflitta dal tribunale Fifa, la stessa corte che non apre bocca sull'indagato JFI. Ma a rendere ancora più storica la conferenza stampa di Doha, è arrivato l'annuncio di Bryan Swanson, nuovo responsabile Fifa dei rapporti con i media: «Sono gay» ha confessato. Però lo scozzese Swanson non è arabo e disabile e nemmeno migrante.

Anche stavolta ha vinto Infantino.

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