I tre minuti che cambiarono di colpo le gerarchie del «girone della morte». Il Costa Rica voleva scrollarsi di dosso le scomode etichette di cenerentola e squadra materasso al cospetto di tre big tutte campioni del mondo. La squadra di Pinto impiega una sola partita per farlo, sorprendendo l'Uruguay di fine ciclo (molti del gruppo presente in Brasile lasceranno la nazionale dopo il Mondiale) che ostentava grande sicurezza alla vigilia, e in generale la rassegna brasiliana che trova - almeno per ora - una protagonista inattesa.
Tre minuti, dicevamo, quelli che servono a Campbell e Duarte nelle fasi iniziali della ripresa per ribaltare il risultato fino a quel punto favorevole alla Celeste grazie al rigorino, apparso nemmeno così chiaro, conquistato da Lugano e trasformato da Cavani. E tanto per mettere la ciliegina sulla torta, a completare l'impresa c'è il gol di Urena, entrato da appena un giro di lancette. Una batosta per l'Uruguay il cui cammino iridato inizia in salita, con la prospettiva dei due «tapponi dolomitici» nei prossimi dieci giorni con Inghilterra e Italia.
Tabarez non aveva nemmeno fatto pretattica per un avvio di mondiale che almeno sulla carta sembrava morbido. Ma l'assenza di Suarez - ancora non pronto e malinconicamente impegnato a riscaldarsi a bordo campo senza però poter rischiare - toglie molto alla pericolosità offensiva degli uruguaiani. «El Pistolero» servirebbe come il pane contro una squadra ben organizzata a livello difensivo e per nulla sprovveduta. L'esperto Forlan - giunto alle 110 presenze con l'Uruguay e uno degli elementi a fine corsa - e il pur generoso Cavani riescono ad arrivare poco dalle parti di Navas, decisivo con un colpo di reni a deviare il tiro dell'ex interista «sporcato» da Duarte e su un colpo di testa ravvicinato del Matador.
Il 22° gol in nazionale dell'ex punta di Palermo e Napoli, ora al Psg, potrebbe mettere sui binari giusti il match. Ma la Celeste appare a lungo compassata - in particolare nel decisivo avvio di secondo tempo - e in palese difficoltà contro la manovra ordinata degli avversari, pronti alle ripartenze nel momento in cui hanno in mano la partita. Una sorta di «Maracanazo» al contrario, con un difficile approccio in un torneo che doveva essere quello della consacrazione e che invece rischia di finire subito per la truppa uruguaiana.
Tabarez e i suoi non avevano però fatto i conti con una squadra pronta a sorprendere chi non se la filava proprio, parole di capitan Ruiz. «Vogliamo emulare i nostri colleghi che nel 1990 arrivarono agli ottavi», il coro unanime nel ritiro costaricano. E Pinto, che disegna un 5-4-1 tatticamente impeccabile, visto che frena il lavoro degli esterni uruguagi, si affida in attacco al talento del ventunenne Campbell. L'«Anguilla» di proprietà dell'Arsenal e «svezzatosi» nell'ultima stagione all'Olympiacos, che di sera legge sempre un versetto della Bibbia, inizia con il freno a mano tirato, ma poi mostra abilità nel possesso palla, buon tiro e ottime accelerazioni. Il gol - con tanto di festeggiamento con il pallone sotto la maglia, in onore della compagna in dolce attesa - è la logica conseguenza della sua partita nella quale diventa una spina nel fianco di Muslera e della difesa della Celeste.
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