Non c'è sadismo peggiore di quello che fa divertire il pallone. Suvvia, chi mai, nella scorsa settimana, non ha pensato che il povero Stefan De Vrij si stava avviando ad una di quelle burle che tanto piacciono al dispettoso oggetto rotondo? Sembrava una sceneggiatura già scritta. Restava solo da immaginare quale fosse il thrilling finale. Ora lo sappiamo: patatrac in area e rigore, massimo dello scorno per un difensore che voleva dimostrare la caratura morale, non tanto tecnica. Pianto sconfortato, delusione angosciante eppoi, giusto la ciliegina, il buon olandesone ha cercato di farsi scusare offrendo la cena alla squadra. Impegno finanziario certo più gravoso rispetto a chi segna gol eppoi non esulta in omaggio alla ex maglia, ma poco rispettando quella per cui gioca. Stefan avrà pagato con la liquidazione della Lazio o con l'anticipo incassato dall'Inter? Poco importa: il portafoglio non piangerà quanto il cuore da guerriero che voleva dimostrare la personale caratura a questo Paese di tifosi mal pensanti, quali siamo noi. È un difetto nazionale e de Vrij ha messo poco a scoprirlo. Sappiamo tutti che, per tradizione, il chiacchiericcio attorno a un gol che manca, un record da battere, una imbattibilità da mantenere, porta il pallone al dispetto supremo.
Se poi aggiungiamo la salsa del dubbio: giusto che giochi o non giochi? Il pissi-pissi che interroga: avrà buona fede? Meglio lottare per la Lazio o più furbo concedere un minimo garantito? Il pallone ha risolto con irreprensibile legge e De Vrji si è sotterrato nella delusione: il rigore che ha permesso all'Inter il pareggio prima del gran finale peserà nei ricordi, non proprio nella carriera. Il conto del ristorante, invece, peserà solo sul suo Ego. Gli ricorderà che, per una notte, è stato il re degli sfigati, con ossequio parlando.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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