«Massimo, perché non riprende l'Inter?». La domanda sta diventando quasi un tormentone negli uffici di via San Pietro all'Orto, sede della società di famiglia Saras, dove Massimo Moratti è solito arrivare puntualissimo ogni mattina passando tra schiere di impiegati, commesse, e tifosi nerazzurri che gli pongono lo stesso quesito, specie nell'ultimo mese di discutibili fortune calcistiche. L'interrogativo è diventato più attuale negli ultimi giorni appena le notizie delle difficoltà tradite dal nuovo corso presidenziale di Erick Thohir hanno cominciato a fare il giro della city, dei siti e delle redazioni dei giornali.
Il dibattito, come hanno assicurato i frequentatori di casa Moratti, non è esaurito con la conferma del mancato contributo all'aumento di capitale deciso dal cda interista. E se le risposte del presidente del triplete, immediate e accompagnate da una smorfia di disappunto, sono state fin qui tutte dello stesso tipo («lasciateli lavorare»), lo scenario di un possibile ritorno, sul cavallo bianco, acclamato dal popolo interista, è tutt'altro che inverosimile. La spiegazione è legata anche alle notizie provenienti dall'interno del club che ha appena rimpiazzato Fassone con il dg Gardini proveniente dal Verona e mentre voci più insistenti danno in partenza l'ad Bolingbroke discusso per non aver realizzato il rilancio annunciato.
Thohir ha ripetuto anche ieri che è interessato «solo» a trovare un socio e non un venditore, che il suo è un piano quinquennale ma nel frattempo le risorse previste sono diminuite (compresa la quota proveniente dallo sponsor principale, Pirelli) e soltanto la qualificazione alla Champions league (con un ricavo tra i 50 e i 60 milioni) può garantire una qualche stabilità all'attuale assetto societario, tacitando le scadenze del debito strutturato con le banche consistente (310 milioni). Il mandato dato alla banca d'affari Goldman Sachs, virtuale azionista di maggioranza, non può produrre risultati immediati, come ha documentato l'esperienza milanista con mister Bee Taechaubol. Il partner cinese di Pirelli ha già prontamente smentito, il nuovo padrone di Infront, Wanda, nel caso fosse interessato, avrebbe qualche vistoso conflitto d'interesse da sanare: il collasso delle borse asiatiche può promettere tempi lunghi per la ricerca. E allora la domanda più urgente cui bisogna trovare una risposta è sempre la stessa: chi può aiutare l'Inter a uscire da questa curva a gomito?
Qualche antico collaboratore del club milanese non ha dubbi: «Massimo Moratti cui ho consigliato di assistere allo sviluppo delle prossime vicende tecniche e finanziarie prima di prendere decisioni». Una frase che può voler dire tutto e niente. Entro la fine dell'anno si realizzeranno due eventi: la qualificazione o meno in Champions, e a novembre la scadenza dell'impegno con Moratti (obbligo a pagargli il 30% in suo possesso alla cifra pattuita di 100 milioni). Perciò, al netto della disponibilità dell'interessato tutta da verificare, il problema principale da risolvere è rappresentato dal debito verso le banche che non sono in capo alla persona Erick Thohir (com'è accaduto nella passata gestione morattiana) ma alla società calcistica stessa che ha dato in pegno il brand nerazzurro comprensivo dei diritti tv.
Chi dovesse subentrare, quindi, oltre a liquidare l'imprenditore indonesiano (il quale ha fatto sapere di aver fin qui sborsato 200 milioni), dovrebbe accollarsi quel debito così da dare all'operazione una dimensione da 400-500 milioni di euro. Massimo Moratti, come ha ammesso lo stesso Thohir, nel suo ciclo presidenziale, ha speso un'autentica fortuna per l'Inter: 1,2 miliardi. Chiedergli un altro generoso esborso forse sarebbe chiedergli troppo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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