E le prove? Qui c'è puzza di metodo Ciancimino

Questa inchiesta sul calcioscommesse ha due strade: o escono le prove, oppure è meglio che finisca qui. Perché con gli interrogatori dei protagonisti comincia ad alzarsi il sospetto del metodo Ciancimino...

E le prove? Qui c'è puzza di metodo Ciancimino

Questa inchiesta sul calcioscommesse ha due strade: o escono le prove, oppure è meglio che finisca qui. Perché con gli interrogatori dei protagonisti comincia ad alzarsi il sospetto del metodo Ciancimino. Qui accanto pubblichiamo il verbale dell’interrogatorio di Massimo Erodiani, uno degli uomini chiave dell’inchiesta. Dice tante cose e però molte sembrano solo fantasie. Parla di accordi che lui riesce a saldare e che poi si sfaldano nel tunnel degli spogliatoi. Tradotto: dico cose indimostrabili.

Se il tono è questo, significa che vale tutto: uno può dire di aver coinvolto nelle combine chiunque, dal magazziere al campionissimo, tanto poi non si può dimostrare né che sia vero né che sia falso. Ecco, questo, è fango in libertà. Altro esempio: Erodiani fa nomi che poi smentisce, riferisce dati non verificabili, parla di personaggi dicendo che tizio gli ha detto che caio gli avrebbe detto. Che senso ha? Che credibilità ha? Noi raccontiamo, come abbiamo sempre fatto, questa inchiesta, ma abbiamo sempre più l’impressione che i protagonisti della vicenda assomiglino a quei pentiti che dicono tutto e il contrario di tutto.

I magistrati di Cremona rischiano di cadere nel gioco che diversi altri loro colleghi hanno alimentato in molti processi: aggrapparsi alle parole per dimostrare un teorema e per salvare un’inchiesta che comincia a puzzare di bruciato. C’è troppo di millantato e troppo poco di reale, fino a ora. C’è del marcio, l’abbiamo capito. Così come abbiamo capito che ci sono figuri che si muovono per cercare di addomesticare le partite. Abbiamo letto le pagine dell’ordinanza di arresto e c’erano molti spunti. Pian piano, però, l’inchiesta è diventata un ventilatore attraverso il quale molti personaggi cercano di screditare altri personaggi e possibilmente anche tutto il mondo del calcio. La credibilità del pallone è già in bilico, non servono pentiti che alzano polveroni per colpire nel mucchio.

Ci sono calciatori che vengono nominati e che non sono neanche indagati: perché i pm permettono questo scempio? È successo con Totti e De Rossi e giustamente s’è alzato un vespaio. Ma deve accadere anche quando si parla di personaggi meno noti, come Daniele Corvia.

Per lui non s’è indignato nessuno, eppure per il momento ha ricevuto solo schizzi di fango gratuito. Ora basta, però. Se dagli interrogatori vengono fuori prove, bene. Altrimenti è meglio che questi signori non parlino. Oppure che non parlino più i magistrati.

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