Il volto ben rasato, la tuta della Juventus, quieto il tono di voce. Maurizio Sarri sembra reduce da un corso veloce di educazione civica per recuperare il voto in pagella e quello in condotta. La sconfitta di coppa Italia è evidente, la traccia non può essere cancellata se non con una smentita di quelle immagini di una squadra slegata, apatica, lenta, senza idee e senza sangue. Riassunto: il viaggio di Sarri con la Juventus ha un chilometraggio ridotto, sei mesi, da settembre a febbraio, prima della lunga sosta, sei mesi sono pochi per entrare nel mondo Juventus ma ciò che ha maggiormente intossicato la conoscenza è stata la prima sconfitta nella supercoppa proprio contro la Lazio che sta molestando in classifica i bianconeri. La seconda contro il Napoli nella finale di Roma. Non sono episodi ma segnali di fumo grigiastro che non hanno aiutato l'allenatore e il gruppo a integrarsi. Molte illazioni sul rapporto con Ronaldo e poi con Pjanic, al di là delle smentite che non andrebbero nemmeno presentate, si evidenzia un'assenza importante e sensibile: in questo momento delicato, la società dovrebbe proteggere maggiormente squadra e tecnico, a questo ruolo sono chiamati Fabio Paratici e, su tutti e prima di tutti, il presidente Agnelli. Sarri non ha bisogno di avvocati difensori ma il silenzio attorno a lui non è un segnale positivo anche perché, come dimostrato dal caso Pjanic, si presta a qualunque tipo di notizie. La partita di Bologna, per la Juventus la prima del nuovo campionato è come fosse l'ultima, perché la squadra non può perdere, non può giocare lo stesso modestissimo football esibito con il Napoli e per un'ora, finale, con il Milan. La condizione fisica del gruppo non è ai massimi come non lo è per gli avversari, spinti da stimoli diversi, consapevoli che la Juventus ha punti deboli, così come Inter e Lazio si ritrovano sollecitate al grande colpo, alla rimonta, al sorpasso.
Non c'è, dunque, un risultato diverso dalla vittoria esterna per la Juventus che ha problemi con i soliti noti, i muscoli di Khedira, la furba nostalgia argentina di Higuain, l'involuzione definitiva di Bernardeschi, la leggerezza dell'essere Rabiot, l'infortunio di Alex Sandro, i recuperi sperati ma lenti di Chiellini e Demiral (il carattere di entrambi sarebbe vitamina preziosa non soltanto per la terza linea). Ma nell'intervista esclusiva rilasciata a Sky Sport, Maurizio Sarri ha confessato, direi candidamente, troppo ingenuamente, che lo schieramento delle tre punte contro il Napoli è stato deciso dagli stessi interpreti, Douglas Costa ha chiesto di stare a destra, Cristiano a sinistra e Dybala al centro.
Non male per un centro sociale o una scolaresca ma non per una squadra di football nella quale la distribuzione dei ruoli è di competenza del responsabile tecnico. L'autogestione è una novità assoluta della Juventus. E solleva molti, troppi dubbi.
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