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Favorito il portoghese da 50 milioni di errori, ma Guidolin piace per il bel gioco

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Le vedove Mou sono già calde d’eccitazione. Perso il profeta, arriva il profetino. Ogni assonanza con vieni avanti ecc.. è puramente casuale. Immaginano il bel Andrè sulla panca dell’Inter. Anzi, lo vedevano già domenica sera mentre Claudio Ranieri era impietrito davanti agli orrori (errori) della squadra, Cambiasso nascondeva la faccia nella tuta e i romantici ne vedevano le lacrime sgorganti e Julio Cesar teneva fede al discorso appena fatto nello spogliatoio: facciamo schifo, ora guai a chi molla!
Il bel Andrè è Villas Boas, quello che gli inglesi hanno salutato così: «il signor 50 milioni di errori». Cinquanta milioni sono le sterline che il povero(!) Roman Abramovich ha dovuto sborsare per farsi distruggere il Chelsea. Dicono sia colpa dei vecchi della squadra, dello spogliatoio che la faceva da padrone. Cose già sentite anche a Milano e dintorni, non vi pare? Bene, Villas Boas non ce l’ha fatta a domare lo spogliatoio inglese, quindi dovrebbe farcela con quello dell’Inter: stranezze del destino. Ma è da lui che bisogna partire per indovinare l’identikit del futuro allenatore nerazzurro. Ranieri ha sempre le ore contate, se non ci saranno disastri chiuderà la stagione. L’entourage nerazzurro regala il nome di un altro Andrea, ma molto meno charmant, Stramaccioni, tecnico della Primavera: pronto all’uso in caso disperato.
Tutti sanno che non è facile essere l’allenatore dell’Inter, ma stavolta non sarà facile scegliere neppure per Moratti. I costi di un tecnico sono alti (Villas Boas costava 6 milioni di euro al Chelsea), ma quelli di una squadra da rifare sono enormi: non bastano 150 milioni di euro. Roba da far tremare il presidente e magari indurlo a cambiare la faccia della società non solo sul campo, anche alle scrivanie. Presidente compreso. Il padrone resterebbe sempre lui.
Ma ora conta la caccia al tecnico. Esistono quattro tipologie. Villas Boas risponde a requisiti estetici: piacevole e piacente, conoscitore delle lingue e dell’ambiente nerazzurro, ex delfino di Mou. Perfetto. Poi per l’aspetto tecnico meglio studiare i suoi errori al Chelsea. Ma fra gli charmants non va dimenticato Laurent Blanc, un pallino di Moratti. Oggi ct della Francia, con buon bagaglio tecnico, forse non adattissimo a ricostruire una squadra. Più bravo come assemblatore.
A Moratti piace il bel gioco (vincente) e, in tal senso, Francesco Guidolin è una garanzia. Unico difetto: fatica a reggere le pressioni. E all’Inter bisogna essere mostri. Direte: anche le squadre di Gasperini giocavano bene e avete visto com’è finita! Vero, ma Gasp non era una scelta prioritaria del presidente ed è dotato di quel pizzico di presunzione eccessiva che l’ha affondato. Nel club del bel gioco ultimamente si è inserito pure Montella: lo ha dimostrato l’altra sera, a San Siro, ai diretti interessati. Ma deve ancora far strada.
Dopo Mancini e Mourinho potrebbe essere l’ora di un altro rampante: Walter Mazzarri non ha confronti. Rampante, egocentrico, però si è guadagnato stima e rispetto con i risultati ottenuti a Napoli. É una via da seguire.
Poi viene il clan degli innovatori. Moratti se n’è sempre tenuto lontano, considerando prioritario vincere. Ha ammiccato a Zeman. Ora può permettersi qualche divagazione. Se Mourinho diventasse direttore tecnico dell’Inter, Fulvio Pea, l’ex tecnico delle giovanili, avrebbe il posto garantito.

Ma così non è ed allora l’occhio va a Giuseppe Sannino, l’allenatore del Siena di cui tutti parlano bene: grande motivatore, allenatore di stampo sacchiano anche nel modulo, uno che passo dopo passo sta scalando vette. Ma all’Inter c’è sempre poco tempo per sperimentare. E Moratti dopo pochi mesi si era già stufato perfino di Mourinho.

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