Ci riprova. Cuore di campione non s'arrende. Il viso pallidissimo dei 400 metri è diventato un po' più roseo ieri sera, dopo la semifinale dei 200 stile libero. Federica Pellegrini ha capito che le servirebbe un motorino di riserva. Ma vista l'impossibilità di rimediare, proverà con ogni tipo di benzina. «Ci metterò di tutto: cuore, fisico e se necessario mi staccherò perfino le braccia». Un sorriso ha riaperto le sue olimpiadi. Niente di straordinario, soprattutto guardando ai tempi, ma quel pizzico di luce le ha restituito una speranza. Bisogna guardare al risultato agonistico più che al cronometro. Ieri ha aperto la mattinata andando a vincere la sua batteria contro Missy Franklyn, la superwoman diciassettenne che gli americani si stanno coccolando. Missy le è finita alle spalle, la Pellegrini ha allungato decisa nell'ultima vasca. E tanto è bastato ad ottenere il miglior tempo(1'5716) delle qualificazioni dove la Muffat e l'americana Schmitt si sono prese un po' di relax dopo lo spalla a spalla dei 400 sl.
Alla sera stesso copione: Muffat e Schmitt nella stessa batteria a darsi battaglia, salvo vedersi sfilare dall'australiana Barratt. Pellegrini (nella foto grande) decisa e sicura nell'ultima vasca per prendersi il vantaggio che la portasse al successo. Missy Franklyn un po' trattenuta perché dieci minuti dopo, soltanto dieci, doveva entrare in acqua per la finale dei 100 dorso. E in quel minuto scarso(5833) ha fatto intravedere la potenza del suo motore, andando a vincere ad un passo dal record del mondo. Federica l'ha guardata in tv. In quel momento stava dicendo: «In finale temo la Muffat e la Schmitt». Si è fermata un attimo. Eppoi: «E la Franklin guardatela lì», ha mostrato verso il video con un sorriso ammirato.
Oggi l'ultima sentenza, meglio il piatto del buon ricordo da consumare con una gara che la Pellegrini potrebbe vincere o chiudere ancora al quinto posto. Dipende da quanto saranno stanche le altre. Lei ieri non era in forma fisica smagliante.
Ma il carattere l'ha spinta più lontano. «Ho riposato poco», ha raccontato «perché l'altra sera ho perso tempo per l'antidoping e varie, poi stamane dovevo fare la prima gara. Per la finale potrò riposare meglio».
È una Pellegrini un po' svuotata, forse consapevole del suo tempo passato. Probabilmente qualcuno dovrà interrogarsi sul perché le siano riusciti meglio i 200 rispetto ai 400: qui era più sciolta, gara più sua. Sarà forse un caso se il suo allenatore odierno sa trattare i velocisti più che i mezzofondisti? Anche nei 400, Federica ha avuto uno scatto d'orgoglio tra i 200 e i 250 metri: poi è affondata. Ieri ha dato il meglio nella vasca finale. Quasi il suo motore giri al massimo sulla distanza breve. Forse saranno queste le risposte da darsi per guardare al futuro. Lei ha già cambiato filosofia, almeno per il presente. «Guardo passo dopo passo: è inutile che cerchi risposte in acqua. Vediamo quel che riuscirò a fare in questa finale. Il tempo di oggi non ti fa vincere niente.
Ma pensavo che le altre andassero più forte. Forse cominciano ad essere stanche. Comunque garantisco: la mia cattiveria in acqua è sempre uguale».
Discorsi da umanità spicciola. La Pellegrini non è mai stata un robot, ma le botte fanno male e l'inizio della discesa è sempre il più difficile: quello dove rischi di rotolare fragorosamente a valle. Ieri ha chiuso con il quarto tempo delle semifinali (Barratt, Schmitt, Muffat). I francesi sembrano calibrati perfino nella tenuta non solo nella tecnica. La Muffat non molla e Yannick Agnel nei 200 stile libero ha silurato brutalmente Ryan Lochte.
L'ultima vasca del francese pareva quella di un fuoribordo da mille cavalli. Chissà che benzina usa? C'è da restar senza fiato dopo aver visto l'ultima vasca in cui ha distrutto Lochte in staffetta e dopo quella di ieri in cui l'americano si è sfatto al quarto posto e il duo asiatico, il coreano Park e il cinese Sun, due siluri, si sono prosciugati nel tener botta. Ryan Lochte non è Phelps, o almeno non riesce ad esserlo.
Ma i grandi d'America stavolta prendono botte più che darne: Phelps, Lochte ed anche Rebecca Soni che si è fatta suonare nei 100 rana dalla lituana Ruta Meilutyte (nel tondo), atto di nascita riportato al 19 marzo 1997, 10 anni più giovane, che poi ha ritrovato il suo animo da bambina piangendo sul podio.
Ma guardate che età! Un nuovo mondo avanza. Direbbe Federica Pellegrini: i veterani sono stanchi.
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