Franco Ordine
«Non ho rimpianti». Strano ma non è vero. L'addio di Gigi Di Biagio all'europeo polacco chiuso con una dignitosa semifinale, «il minimo sindacale» secondo Carlo Tavecchio, il presidente della federcalcio, è una bugia bianca. I rimpianti sono più di uno. E anche giganteschi. Il primo, in assoluto, ha il nome di Gigio e il cognome di Donnarumma. Con Berardi e un altro paio di rinforzi chiesti e ottenuti al ct della Nazionale Ventura, dovevano essere i pilastri su cui costruire la perfomance da realizzare a Cracovia. Proprio loro due in particolare hanno invece deluso e frenato l'under 21 che avrebbe potuto presentarsi in finale se fosse arrivata seconda.
Nel caso del giovanissimo portiere rossonero il fattore R, qui inteso come Raiola, è stato determinante. L'ha esposto al pubblico ludibrio, l'ha spinto in un tunnel pieno di pressione, polemiche e critiche che nemmeno uno stagionato campione come Buffon sarebbe stato capace di superare. E in campo, nelle due partite più importanti, contro Repubblica Ceca e Spagna, Donnarumma ha pagato a caro prezzo tensione e pressione. Ha ripetuto di essere sereno eppure non lo era, insinceri quei sorrisi recitati davanti a fotografi e telecamere, come hanno capito i suoi sodali in ritiro e in particolare i famigliari che lo hanno sentito al telefono in video-chiamate tutti i giorni. «È molto triste» ha riferito il cognato in tempi non sospetti. Perciò il Donnarumma dell'under 21 è stato un Donnarumma mai visto nel Milan nei diciotto mesi che lo hanno lanciato in orbita.
Errori ne ha commessi anche con la casacca 99 sulla schiena, qualcuno macroscopico come a Pescara, ma poi ha saputo rialzarsi e rispondere con ripetute prodezze agli inevitabili sfondoni. Ieri è tornato a Napoli, scortato da papà Alfonso e dal fratello che gli sono stati vicini nell'ultimo delicato passaggio dell'europeo. Qualche esperto del settore ha attribuito alle magie di Saul il merito del successo spagnolo, tipo Amelia, molti critici hanno invece segnalato almeno nel secondo gol la responsabilità di Gigio che non può essere considerato come i comportamenti di Raiola e lo stesso stipendio milanista lasciano intendere - un fuoriclasse fatto e finito, affermato. Ha bisogno di vivere al riparo, di migliorarsi, di continuare a lavorare col suo preparatore Alfredo Magni, di sentirsi protetto e coccolato com'è successo a Milanello prima di finire nel tritacarne mediatico. Quelli del Milan sono in attesa di un segnale lanciato da Raiola per chiudere la partita del rinnovo e lasciarlo all'esame di maturità e alle meritate vacanze. Quando? Ogni giorno può essere quello buono.
Dopo Donnarumma tocca a Berardi assumersi la responsabilità del flop, tecnico e temperamentale: alla prima prova internazionale ha fallito. Bernardeschi e Conti hanno invece superato la prova con la lode: il fiorentino ha firmato anche un paio di sigilli preziosi, l'atalantino prossimo al Milan ha dimostrato che si può difendere e trasformarsi in ala avendo la corsa, il tempo, e la generosità dimostrate già nei mesi passati.
«Abbiamo rilanciato il nostro calcio», è l'altra frase-civetta di Di Biagio. Non è proprio così. È vero che l'under 21 è andata sotto quando ha perso Gagliardini per doppio giallo ma anche questo è un difetto da eliminare in vista della sfida più importante attesa dal nostro movimento, e cioè l'appuntamento del 2 settembre a Madrid per la qualificazione mondiale.
Non è stato un bel viatico il 3 a 1 rimediato dall'under 21, segno che dobbiamo migliorare anche nel gioco per
superare l'esame di laurea e staccare i padroni del calcio continentale. Alle spalle dei soliti, la BBC più Belotti e Verratti, c'è una generazione che deve ancora maturare per ritenersi all'altezza dei più stagionati colleghi.
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