La prima sentenza del campionato è la seguente: c’è il nuovo (Milan) che arretra in modo clamoroso e inatteso mentre avanza il vecchio (Lazio) alla seconda prova di affidabilità (dopo aver bastonato la Juve in supercoppa). La bolla rossonera evapora sotto la pioggia dell’Olimpico e mette in risalto una serie d’inadempienze, limiti e problemi, in parte previsti, in parte sottovalutati, che ridimensionano la cifra tecnica uscita dal mercato e rimpiccioliscono le ambizioni.
Al netto degli sfondoni commessi da alcuni pilastri di Montella (Kessie sul rigore, Bonucci sul raddoppio), dello scadente smalto di qualche esponente di rilievo (Suso, Biglia), e qualche scelta discutibile (Cutrone non può diventare il centravanti titolare davanti a Kalinic e Andrè Silva per i quali è stata spesa una fortuna), ha impressionato l’antico difetto tradito anche nella passata stagione, quella del mercato a costo zero e degli stipendi ridotti all’osso: una rara produzione di tiri in porta conseguenza anche di una costruzione farraginosa del gioco nella quale il lancio decisivo è sempre (fuori misura) di Bonucci.
Impensabile che in poche settimane Montella riuscisse nell’impresa di costruire una squadra dopo 11 nuovi arrivi: ha diritto ancora a qualche giorno per sciogliere quesiti (Calhanoglu che ruolo ha?, Borini a cosa serve?, il sistema di gioco a 3 quando
diventerà definitivo?) e per trasformare un cantiere in una squadra. Seconda sentenza del campionato: chi ha tolto la Lazio dalla lista delle probabili candidate ai quattro posti di Champions faccia una correzione al volo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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