Quando sta bene fa male. Quando sta male, non molla per nulla al mondo. Discesista provetto, scalatore di qualità. Ha bisogno di pendenze e chilometri, meglio se si va in quota, dove l'aria si fa rarefatta e la respirazione si fa più difficile. Vincenzo Nibali è un falso mite. Sussurra parole, e spinge sui pedali. Sorride malinconico e attacca a bruciapelo. Parla sempre meno di quello che fa. Ama le sfide impossibili: per questo ha deciso di correre ugualmente questo Tour che non gli si addiceva neanche un po'.
Troppe cronometro (101 km), poche montagne (due soli arrivi in salita), pochissime vette oltre i duemila metri (tre: Col de la Madeleine, Col du Glandon e Tourmalet). Un Tour troppo sbilanciato, che Nibali ha mantenuto vivo. Lui, solo contro tutti. Soprattutto contro quei due là: Bradley Wiggins, il primo britannico in 109 anni di storia a vincere un Tour de France, e il "keniano bianco" nato a Nairobi e cresciuto in Sudafrica prima di diventare a tutti gli effetti inglese, Chris Froome.
Corridore forte e tenace: soprattutto continuo, Vincenzo Nibali. Primo alla Tirreno, terzo a Sanremo, secondo alla Liegi, adesso è ad un passo dal podio del Tour, che si va ad aggiungere alla vittoria del Giro di Spagna, e a due podi al Giro d'Italia (secondo e terzo). Completo e continuo: sempre concreto. Ha 27 anni Vincezo, ed è nel pieno della sua maturazione fisica. È il numero uno italiano, uno dei più forti corridori al mondo. Tanto è vero che lascerà la Liquigas per andare a correre all'Astana, la squadra-nazione del Kazakistan, per 3 milioni di euro a stagione. Ma Vincenzo Nibali potrà un giorno vincere il Tour de France? Ha ancora margini di miglioramento? L'abbiamo chiesto a Paolo Bettini, oro di Atene, due volte mondiale, e ora commissario tecnico della nazionale che è già in clima olimpico.
«Vincenzo ha dimostrato a tutti di essere un atleta di livello assoluto - ci dice Bettini -. Ha forza, carattere, carisma e può ancora crescere. Ha vinto un Giro di Spagna, per due volte è finito sul podio del Giro e ora è lì, quasi sul podio della corsa più importante del mondo. Mi chiedi se può vincere un giorno il Tour? Io ti dico che Vincenzo può vincere tutto. Gli occorre solo un pizzico di fortuna, e un tracciato che non lo penalizzi troppo».
Quello di quest'anno era davvero imbarazzante
«Concordo. Troppi i chilometri a cronometro, anche se lui sia nel cronoprologo di Liegi che nella crono di Besançon è stato molto bravo. Se ci fossero stati due arrivi in salita sulle Alpi anziché uno, e due arrivi in salita sui Pirenei anziché uno, sarebbe cambiato molto. La crono di Besançon ha inciso dopo solo nove giorni in maniera troppo profonda. Ha messo tranquillità a Wiggins e ha condannato quasi a morte Nibali e tutti gli altri. Nel ciclismo è molto più facile difendersi che attaccare. Chi è davanti controlla la situazione, chi è dietro sa che non può più permettersi un solo errore».
Pensi che Vincenzo sia più adatto al Giro?
«Vincenzo è con Contador, Andy Schleck, Wiggins e Froome il più forte corridore al mondo per le corse a tappe: le può vincere tutte. Il Giro ha salite che gli si addicono di più. C'è più pendenza».
Non si deve rimproverare di nulla?
«Per me in un Tour disegnato così ha ottenuto il massimo che potesse sperare di ottenere».
E tra una settimana sarà in maglia azzurra, per la sfida olimpica
«Ha già corso un Olimpiade, ha carisma ed esperienza. La corsa olimpica è lunga (250 km), ma si corre solo in cinque per squadra (le migliori 10 nazioni, ndr), e in gara ci saranno solo 145 corridori.
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