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Giovani e coraggiosi. Quel Diavolo di Pioli bello e sorprendente

In un anno 100 punti, l'Europa come stimolo, la forza di non mollare e un tecnico che lo plasma

Giovani e coraggiosi. Quel Diavolo di Pioli bello e sorprendente

«Grande il nostro danese» twitta felice Enrico Letta, milanista doc, appena rientrato da Parigi per mettersi alla guida del Pd. Il nostro danese è naturalmente Simon Kjaer, 31 anni, due mondiali e un europeo alle spalle, al suo primo centro stagionale con il Milan nella sera più attesa e anche la più ammirata di quelle fin qui vissute in Europa league dai rossoneri, rimasti senza i loro capi tribù, da Ibra a Rebic passando per Rebic e Romagnoli. Sotto gli occhi di Paul Singer e di Giorgio Furlani, i due del fondo Elliott che si occupano in prima persona da Londra della vita del club rossonero, il Milan ha messo a segno una di quelle serate che ne hanno scandito la storia e anche l'aura internazionale che gli viene riconosciuta da testimoni al di sopra di ogni sospetto, tipo Alex Ferguson, rimasto a chiacchierare amabilmente con Paolo Maldini prima di prendersi le due ore di freddo e umido per il diluvio dell'Old Trafford. Allora per provare a ricostruire l'identità di questo nuovo Milan dell'anno di scarsa grazia per il calcio italiano 2021, bisogna riflettere sulle parole di Stefano Pioli che è poi il deus ex machina e l'involontario inventore di un progetto di squadra che sembrava ancora intrappolato dai ritardi e dai cambi di proprietà. Ha ricordato senza enfasi, quasi con la voce incrinata dalla commozione: «Non sto allenando un gruppo normale. Io sto allenando un gruppo eccezionale dal punto di vista tecnico, professionale e umano».

La descrizione a uso interno non fa una piega. Perché solo così si possono spiegare i 100 punti collezionati in un anno di calcio ben fatto e di risultati sorprendenti, compreso il primato in classifica durato per un girone intero e passa. Solo così si possono mettere insieme le diverse tessere incastrate alla perfezione nel puzzle dove risaltano il talento delle giovani promesse e le qualità intatte dei veterani di cento battaglie. «Lo spirito nel voler comandare il gioco» è il merito lucidato dalla stampa inglese. Non c'è solo Ibra, si può dire adesso che è documentato il raccolto di punti e risultati prestigiosi anche in assenza del Gulliver svedese. Perché c'è la costruzione prima di un gruppo, poi la scelta di un calcio coraggioso e geometrico, quindi la fortuna di trovare per ciascun esponente il ruolo giusto. Si spiega così perché Kessiè, reduce da una precedente stagione incolore, sia diventato il presidente del centrocampo per tutti suoi. «È quello che aiuta di più con Ibra i suoi compagni» racconta Paolo Maldini consapevole che bisognerà mettere mano subito al rinnovo dell'ivoriano (scadenza nel 2022) per via di qualche palese interesse di club inglesi.

C'è chi intravede anche una qualche analogia con il lavoro, sapiente di Gasperini a Bergamo con l'Atalanta unica (forse) superstite in Champions league ma alla fine il modello di padre Pioli resta unico perché nato anche da una clamorosa inversione a u (l'abbandono dell'idea di Rangnick) e dalla batosta umiliante di Bergamo (dicembre 2019, 0 a 5) che aprì la strada all'arrivo di Ibra e Kjaer e che pochi mesi fa ha consentito di reclutare anche Mandzukic.

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