
Con la giacca, e poi solo in maglietta, gli occhiali dal sole e poi via anche quelli, il pass al collo per stare in tribuna dove altre non potrebbero stare, le esultanze, la sofferenza e infine via dagli spalti per la troppa tensione: mamma Siglinde Sinner (nella foto) è stata una protagonista aggiunta nell'epopea della finale del Roland Garros persa dopo 5 ore e mezzo da suo figlio Jannik contro Carlos Alcaraz. Un volto, quello della mamma di Sinner, che ormai abbiamo imparato a conoscere: lei che, nonostante tutta la buona volontà, alla lunga non ce la fa a resistere e si lascia vincere da una tempesta emozionale. E come a Roma a un certo punto Siglinde semplicemente se n'era andata, così ha fatto anche a Parigi. Non ha visto Jannik perdere, ma forse non ce l'avrebbe fatta neppure in caso di esito positivo. «Mio marito riesce a reggere, io no», aveva ammesso durante gli Internazionali d'Italia, appunto.
Inquadrata (anche in maniera un po' perfida) dalla televisione, che aveva preparato per lei una sorta di «Siglinde Cam», una telecamera personalizzata per captarne ogni reazione.
Le quasi-lacrime al momento dei tre match point falliti da Jannik nel quarto come apice emozionale, ma in precedenza tutto un rosario di gesti di rabbia o di felicità, fino al getto della spugna, l'abbandono degli spalti: sofferenza del figlio, sofferenza della madre, una partita dentro la partita nella finale di un torneo del Grande Slam, mamma Siglinde co-protagonista di un kolossal.