Donna doveva essere e donna è stata. L'atletica italiana agli Europei di Zurigo è al femminile. Da Libania Grenot a Valeria Straneo. L'oro nei 400 ferragostani della cubana naturalizzata ha rotto l'incantesimo e lanciato la maratona della 38enne piemontese. Veloci e resistenti, sono le donne d'Italia. Diverse e vincenti. Una scolpita nel marmo, come nobilitata nel fisico dal giro di pista; l'altra tutta rughe e nervi, come sciupata dalla fatica. Hanno seguito strade diverse per salvare la spedizione azzurra. Libania negli ultimi tre anni si è allenata negli Usa, ma in diretta ha urlato: «Sono italiana, mi raccomando...». Valeria è rimasta sempre a casa sua. Ma entrambe hanno fatto gara di testa: La Grenot è scattata dai blocchi e ha messo subito dietro la rivale più pericolosa, la Straneo ha fatto semplicemente la gara. Oro e argento dal peso specifico incalcolabile per l'Italia.
La Grenot ha festeggiato con un eloquente: «Questo oro era scritto». Ego smisurato si dirà, ma dettato dalla consapevolezza della propria forza, sicuramente non dall'arroganza. Lo scricciolo d'Alessandria, invece, non si spinge a tanto anche se il secondo posto è forse il minimo dopo la solita gara generosa. In testa a dettare il ritmo dai primi metri, corsa sfiancante per le rivali, che fa selezione. A metà gara è già medaglia. Non se ne cura, addirittura spensierata: dopo una curva a sinistra, incrocia lo sguardo del marito Manlio e dei figli Arianna e Leonardo, non resiste e vai con i cinque: è il suo personale show nella fatica, già visto. Poi a due chilometri dal sogno, il polpaccio destro manda un segnale inequivocabile: un pre-crampo, dà il via libera alla Daunay in una gara d'altri tempi, dura come poche con quel muro da ripetere quattro volte. Seconda la 38enne azzurra dietro a una francese con addirittura una primavera in più. Però Valeria se lo tiene stretto questo argento: «Vale tanto, non si deve mai dare nulla per scontato. Sono stata a un soffio dall'oro, qualche rimpianto c'è ma sono felice così». E non c'è spazio per le recriminazioni, anche se a pensarci bene «la seconda salita forse l'ho presa troppo forte per assecondare la croata quando l'ha messa giù pesante».
Per lei la corsa è una questione di cuore, è fatta così non molla mai un centimetro, tutta sacrificio e orgoglio, e quindi «l'ho vissuta come piace a me. Il percorso era davvero tosto».
E quando guarda il cronometro è come se il tempo per lei si fosse fermato a due anni fa: 2h25'27. Da Londra 2012 a Zurigo 2014, stesso identico tempo. Allora, ottava, corse in bagno, ora, seconda, vola sul podio. Una continuità incredibile, l'argento mondiale di Mosca 2013 l'aveva strappato con 31 secondi in più: quello di ieri è il suo secondo crono di sempre, dopo l'exploit nel 2012 alla velocissima maratona di Rotterdam, 2h23'44 che vale tuttora il primato italiano.
Anche perché quattro anni fa le hanno asportato la milza per una malattia genetica che destabilizzava i suoi globuli rossi. Sembrava l'inizio della fine, invece è stato l'inizio della favola di questa mamma laureata in Lingue straniere. E non è finita, anche se adesso l'aspetta la vacanza in Sardegna perché «devo smaltire questa faticaccia». Ma il futuro è già scritto: «Mi piacerebbe tornare a New York, non penso di fare i Mondiali di Pechino l'anno prossimo. Poi se tutto andrà bene inizierò a pensare a Rio, quando avrò 40 anni...».
Già l'età, ma proprio la francese che l'ha battuta entrerà negli anta a dicembre e allora «la carta d'identità conta fino a un certo punto». Anche la Grenot pensa a Rio, l'ha già detto: «Mi mancano la finale mondiale e quella olimpica». Grandi donne che salvano l'atletica italiana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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