La Juventus ha cinque punti in più dell'anno scorso. Detto questo si dovrebbe passare ad altro. Ma altro è, nel vero senso della parola, lo stato dell'essere attuale della Juventus, diverso da quello precedente, diverso da sempre. Perché la sconfitta chiara, netta, meritata contro l'Inter ha ribadito lacune e problemi che erano già affiorati nella seconda frazione contro il Sassuolo e appena mascherati in Champions nel pareggio con il Siviglia, ma poi esplosi a San Siro.
Si può incominciare dalla fine: Gonzalo Higuain è costato 90 milioni. Delle due l'una: o Allegri è anche un dirigente della Juventus, dunque responsabile del patrimonio tecnico, oppure è un consulente esterno o collaboratore che improvvisa scelte e metodi di lavoro. Escludo la seconda ipotesi, Allegri è un professionista serio è un buon allenatore e può anche sbagliare. Ma non può cambiare formazione secondo il vento e secondo il proprio umore. Già il fatto che si consulti continuamente con il suo assistente Landucci, fatto abbastanza raro nel football italiano ed europeo, segnala che i dubbi lo condizionano molto, forse troppo.
La panchina di Higuain è una bestemmia, è un insulto all'investimento della società, a meno che l'argentino sia fuori condizione e allora non può essere utile nemmeno per un minuto in una sfida così aspra, ancora di più per come si era messa, come quella di Milano. Al tempo stesso è problematica la gestione di Mandzukic che non è Zaza e non accetta in modo goliardico di fare la riserva.
Poi c'è il caso Pjanic, un'aquila per la vista ma non un felino per la velocità di esecuzione e non certo un elemento da reinventare come metodista davanti alla difesa. Pjanic ha talento tecnico indiscutibile ma tempi e intuizioni di gioco meno rapide di quelle che, ad esempio illustre, erano di Andrea Pirlo. Fare esperimenti a San Siro è stata una dimostrazione non di arroganza ma di superficialità, Pjanic con Khedira forma una coppia di grande intelligenza tattica e di lettura del gioco ma con ritmi non proprio elevati.
Se la difesa entra in crisi è anche per questo motivo, un muro non più di cemento armato ma di cartongesso. Ecco perché la Juventus ha cercato fino all'ultimo minuto del mercato di prendere un centrocampista di livello, tra Matuidi, Witsel, Luiz Gustavo, sapendo benissimo che il rientro di Marchisio sarà lento e la linea mediana ha lacune serie che coinvolgono soprattutto la fase difensiva. Difesa dalla quale è scomparso, non pervenuto, tale Rugani, dato come il fenomeno del presente e del futuro, ricercato da mezza Europa ma non dal suo allenatore. Bah.
Procedo: quando Higuain è entrato in campo le immagini televisive hanno mostrato il suo labiale rivolto a Dybala: «stammi vicino, stammi appena dietro». Bene, lo ha detto Higuain non Allegri, confermando che Dybala non può giocare a quaranta metri dalla porta avversaria così come Pjaca o c'è o non c'è. Ci vorrebbe un po' di coraggio che non è proprio la caratteristica principale di Allegri in consulto ininterrotto con il proprio secondo.
Contro il Cagliari, se il tecnico livornese fosse coerente con una certa illogica, dovrebbe spedire Dybala tra le riserve. Chissà. Comunque la Juventus ha cinque punti in più dello scorso anno, quando aveva già perso contro Udinese e Roma e pareggiato con il Frosinone. Con Pogba in campo. E Higuain a Napoli, mai in panchina.
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