I collezionisti di medaglie. La sfida non è allenare ma insegnare a vincere

Hanno vinto quanto tutti i loro giocatori. E il Pirlo "mondiale" è alla pari con CR7

I collezionisti di medaglie. La sfida non è allenare ma insegnare a vincere

Medaglie in panchina, capitali stranieri in società. Se in questi giorni di notizie di segno opposto, contagi in aumento e apertura minima di spazi aperti nello sport, il calcio di serie A può ripartire sotto il segno di un discreto avvenire, lo si deve a queste due caratteristiche che luccicano in un panorama economico demoralizzante a poche ore dal palla al centro del 2020-2021, una stagione lunga e complicata che deve portarci all'europeo. Medaglie in panchina, allora, per cominciare. Prendiamo Andrea Pirlo, appena diplomato alla facoltà di Coverciano, e debuttante sulla panchina della Juve campione d'Italia. Alzi la mano chi può, nello spogliatoio della Continassa, esibire la stessa collezione di scudetti, coppe e titolo mondiale. Nessuno. Nemmeno CR7 che pure può vantare, a parziale consolazione, una mostruosa collezione di Pallone d'oro. Facciamo poi un salto a Castelvolturno, domicilio calcistico del Napoli di Rino Gattuso, reduce, da quella striscia inimitabile di successi in giro per l'Europa e il Giappone invidiata da tantissimi colleghi guadagnata col Milan di Ancelotti e con Lippi in azzurro. Anche qui devono restare tutti incantanti ad ascoltare racconti e ricordi.

Avete poi idea di quel che c'è nel curriculum di Antonio Conte, calciatore della Juve di Lippi e poi allenatore con gli scudetti conquistati a Torino prima del successo inglese col Chelsea e di quell'europeo sulla panchina azzurra giudicato all'unanimità un piccolo capolavoro per la cifra tecnica del gruppo? In quest'ultimo caso parlano entrambe le carriere e finiscono con lo zittire chiunque s'affacciasse a esprimere qualche censura sul lavoro del tecnico pugliese. A questo ridotto drappello di tecnici col petto pieno di riconoscimenti, bisognerebbe aggiungere anche Claudio Ranieri e non solo per l'anzianità di servizio che pure conta qualcosa ma soprattutto per quella gemma targata Leicester football club che rimarrà non solo negli archivi della Premier league ma anche nei libri di storia del calcio inglese.

Intendiamoci: non significa avere in tasca il passaporto per la felicità, il successo cioè, significa soltanto godere della stima dei calciatori e quindi riuscire a stregarli, a convincerli, spingendoli ad affrontare qualsiasi difficoltà.

Poi ci sono i veterani di cento battaglie, non tutte vinte, che si ritrovano nella stessa condizione. Fresco esempio è il Milan di Pioli che sembra un altro - nel credito guadagnato e nella stima del popolo rossonero - dall'arrivo di Zlatan Ibrahimovic. Già perché il gigante svedese ha esercitato un ruolo virtuoso nel far crescere la nidiata di buoni calciatori che prima di lui avevano conosciuto solo schiaffi e qualche umiliazione dolorosa (0 a 5 dall'Atalanta). Anche Ibra, che pure a livello europeo ha raccolto poco, un'Europa league con il Manchester United, è in grado di esercitare sul gruppo un ruolo positivo e il fascino dell'emulazione. Come lui, a Firenze, ci dev'essere un motivo se tutti, da Chiesa fino al reduce di ritorno Borja Valeiro, guardano a Ribery come al loro leader incontrastato. Produce lo stesso effetto di Ibra ed è una manna per Iachini.

Il secondo punto che induce all'ottimismo per le sorti del calcio italiano, depresso dal covid e da un mercato senza liquidità che sta provocando disastri nei bilanci, riguarda i nuovi assetti societari. L'arrivo di Kyle Krause, imprenditore di scuola americana con simpatie dichiarate per l'Italia, ha raccolto le sorti del Parma calcio, in 5 anni, riportato in A dalla cordata di coraggiosi imprenditori locali. Non è un caso isolato. Prima di lui sono sbarcati dalle nostre parti la famiglia Singer con il fondo Elliott, l'italo-americano Rocco Comisso (Fiorentina) e Friedkin, staffetta di Pallotta, uscito dalla Roma senza rimpianti. Anzi.

La forza economica del colosso Suning, azionista dell'Inter, è documentata dall'ultimo rapporto presentato dal suo numero uno in Cina: fatturato da 97 miliardi di euro, prima azienda tra quelle non statali. Poi può far di conto per il mercato neroazzurro ma questo è un altro tema.

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