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Aldo Montano: "I miei primi quarant'anni vissuti come in una serie tv"

Il campione olimpico di Atene e iridato della sciabola tra successi, litigi, amori, la piccola Olympia e il sogno Tokyo

Aldo Montano: "I miei primi quarant'anni vissuti come in una serie tv"

Quarant'anni ad Algeri, sciabola fra le mani. Aldo Montano non molla la presa, tira in coppa del mondo mentre passano davanti agli occhi città, ricordi con tanto di medaglie da podio, la bellezza di Olga sua moglie, la dolcezza di Olympia la figlia che va per i due anni, belle donne e tutto un mondo di luci ed esperienze tv: la vita di un primattore.

Montano che ci fa ancora con la sciabola in mano?

«Sono quasi vicino alla pensione. Se ci penso, non ci credo».

Quaranta anni, basta la parola per spaventarsi?

«Sono volati, ma il passaporto parla chiaro. Mi guardo indietro: 20 anni di nazionale, sembra ieri! Eppure ci metti un'ora e mezza per parlarne».

Non se l'è passata male

«Sono contento. Ci sono state anche defaillances, alcune brutte toste e cattive. Prendi le buche, ti fai male ma non butterei niente. Per esempio il mondiale di Parigi 2010, il peggior ricordo: ero il favorito e in forma. In pedana alla mattina alle 8,30, c'era un freddo cane e vado fuori subito. Sono tornato a letto, sperando di svegliarmi e di aver sognato. Niente, era vero. Però mi ha fatto capire che c'era un problema: nella testa. Sono andato da un professionista. È servito: dalle ceneri di Parigi, l'anno dopo, ho vinto l'oro a Catania. Mi manca ancora un pezzettino di futuro: un paio d'anni».

Per arrivare a Tokyo 2020: romantico the end olimpico?

«L'idea Tokyo c'è, fosse per me arriverei fino a Roma 2254».

Però l'età.

«Ecco, mi sto gustando questa conclusione. Mi piace allenarmi, confrontarmi con gli avversari, c'è ancora passione. Me la godo di più, quand'ero giovane avevo voglia di far baldoria qualche sera e la mattina in gara non erano rose. Bisognerebbe vivere al contrario».

Un bello che piace alle donne. Arcuri e Mosetti sono stati amori famosi

«Non me la sono passata male, non ho disdegnato». Gran risata.

Ha trovato l'amore di Olga, è nata Olympia

«Sono un papà apprensivo. Mia moglie è molto più tranquilla. Non c'è storia. Sono nevrotico: se non le sto a 50 cm ho paura di qualunque roba. E che carattere! Bello, già chiaro e indipendente. Guarda i cartoni e dà calci se non mi allontano: fila in fondo al divano e papà fatti da parte. Sarà un macello, una punizione per i prossimi anni!».

Certo che quel nome, Olympia, un bel peso

«Ho lottato con mia moglie. L'ho buttato là, giusto quando si sceglie. Mi è venuto fuori Olympia, pensando al coronamento di una famiglia che conosce la materia. Poi mi sono pentito. Non si poteva metterle in testa un carico da 20 di quel genere».

Pentimento breve

«No, è successo che Olga ha sofferto moltissimo nel parto. Tremendo! Meno male che sono le donne a partorire. Volevo un altro nome e ci ho provato la mattina dopo: allora che nome? E lei: Olympia, no. Dopo tanta sofferenza, potevo contraddirla?».

Olympia diventerà una schermitrice?

«Non la forzerò. Da piccolo ho subito questa pressione e passato il periodo fra i 12 e i 14 anni non proprio bene. Non ripasserò la stessa palla a mia figlia. L'importante è fare qualcosa con passione. Come me nello sport».

Tre momenti, nomi, città, indimenticabili

«Mosca 2015: ho vinto il mondiale e conosciuto mia moglie. È il ricordo più fresco, comincio ad essere vecchietto. Atene 2004: l'oro olimpico che mi ha inserito nel gotha della famiglia. Livorno: la mia città, dove immagino il futuro. Vivo a Roma ma l'ho nel sangue».

E quel prefisso sventolato su ogni podio olimpico...

«Ad Atene inventai lo striscione che poi mi hanno impedito di mostrare altre volte. Ma l'ho sempre nella sacca. A Pechino lo scrissi sulle mani. A Londra incisi 05' sul pugno destro e 86' sul sinistro».

Da Atene in poi nacque il Montano personaggio

«Ad Atene fu bellissimo. Vinsi io in rimonta: 15-14. Nello stesso giorno vinse Bettini nel ciclismo. E a vederci c'era Ciampi, livornese come noi. Da lì nacque il Montano pioniere, che si è evoluto tra sport, spettacolo e tv. Nasco chiuso e timido, in famiglia faticavano a riconoscermi così spigliato».

Lanciato in Quelli che il calcio da Simona Ventura.

«Non sapevo se ce l'avrei fatta a tener botta tutta la stagione tra gare e tv. Ma che emozione quella volta, con il Livorno in A, che intervistai Ciampi allo stadio».

Per lo spettacolo litigò e lasciò l'Arma dei carabinieri

«Non volevano partecipassi all'Isola dei famosi. Non ci sono andato, mi dimisi. Peccato, ci stavo bene nell'Arma. Forse ero troppo avanti coi tempi».

Ora, a 40 anni, è finito il tempo del cazzeggio?

«Spero di cazzeggiare fino a 100 anni. Se cazzeggiare significa sorridere, essere divertente».

In Indonesia, ha vissuto un terremoto da vicino

«Stavamo a cena sulla spiaggia. Vedevamo palme dondolare, la piscina che rovesciava acqua come fosse a secchi. Non sapevi dove correre, l'hotel mezzo crollato. Spavento e disastri».

Tirando le somme: Montano, una vita da raccontare?

«Magari scrivo la bozza e ne facciamo un film. Anzi, meglio: una serie tv.

Troppe cose, magari un film non basta».

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