
È tornato il calcio. Sono tornati i calci. E pure gli schiaffi. È accaduto a Cadice, trofeo Joan Gamper, in onore e memoria dell'imprenditore svizzero fondatore del Barcellona. Partita Betis-Como, uno spettacolo di football, cinque gol, emozioni ma soprattutto una sguaiata rissa finale tra le baby gang delle due squadre. Quando stava per finire tutto, dopo un'ora e mezzo di provocazioni e interruzioni, lo spagnolo Fornals ha mollato una sberla all'argentino Perrone ed è partita la zuffa, è scattata, con il pilota automatico, la caccia all'avversario, l'arbitro Palomares Gutierrez ha espulso Perrone e Bellerin, quest'ultimo non c'entrava nulla, negli spogliatoi, dopo le scuse, il rosso è diventato giallo ma la giusta punizione ha colpito Fornals, intanto Fabregas stava litigando con l'ala Riquelme mentre Pellegrini, settantunenne allenatore cileno del Betis, chiedeva chiarimenti, del gioco rude, al giovane collega, Fabregas, di anni trentotto, gli potrebbe essere figlio ma come capita nelle famiglie moderne, il catalano se ne è fregato del rimprovero del padre. Bella roba di inizio stagione, sono già tutti cafoni, aggressivi, con i fili scoperti. In contemporanea, da Gaza, è arrivata la notizia che Suleiman Al-Obaid, detto il Pelé di Palestina, di anni quarantuno, ex calciatore e nazionale palestinese, autore di 100 gol, è stato ammazzato mentre aspettava, in fila, il proprio turno per ricevere una pagnotta, una ciotola di riso, il cibo per sopravvivere.
Epilogo straziante, mentre, lontano da quel sangue inutile e da quei codardi assassini, il calcio del lusso e dei privilegi riusciva a farsi conoscere e riconoscere per la solita guerriglia di ragazzi viziati, anche loro in fila ma per sputarsi addosso e menare botte. Dicono che, nel football, certe cose finiscano in campo, è l'alibi dei poveri di spirito e di coraggio, così a Cadice. A Gaza, anche la vita di Suleiman è finita sul campo. Di polvere e di fame.